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Trento, 13 dicembre 2009 Il concetto è semplice: la torta è una sola. Ne abbiamo già mangiata la metà; quel che resta si riduce giorno dopo giorno. Cibo e acqua: a Copenhagen si discute su come ridurre le nostre emissioni di anidride carbonica, cioè di come ridurre i nostri consumi di combustibili fossili. L’anidride carbonica è l’acqua e i combustibili sono il cibo - o il contrario, se vi piace. La torta dell’anidride carbonica è già oltre la metà: non possiamo permetterci di emetterne se non un altro pochino; a pena di sconvolgere il clima, le nostre economie e la nostra vita. Della torta dei combustibili fossili ne abbiamo già bruciata quasi la metà in cento anni; ma se continuassimo a bruciare allo stesso ritmo degli ultimi dieci, finiremmo tutto il resto in meno di cinquanta anni. Però le ristrettezze si comincerebbero a sentire già nel futuro immediato; forse le abbiamo già sentite quando il petrolio era a 140 dollari al barile. Ci conviene stringere le razioni per far durare le scorte ancora a lungo. Siamo in carovana; o se preferite siamo su un unico pianeta globalizzato. Quando le razioni saranno ridotte, saranno ridotte del 10% per tutti. Il concetto è semplice: ridurre le razioni di tutti del 10%. Se qualcuno aumentasse le sue razioni mentre gli altri le riducono, prima o poi qualcuno altro lo scannerebbe durante la notte. Il concetto è semplice, ma sembra che sia il più duro da capire o da accettare. Non sarà possibile continuare a veder crescere il nostro reddito mentre quello dei più intorno a noi sta decrescendo. Si può riuscire per un po’, ma si rischia di finire (metaforicamente) scannati. Ridurre i consumi di combustibili fossili non vuol necessariamente dire ridurre le comodità della nostra vita, ma vuol dire cambiare le nostre abitudini, i nostri stili di vita. Certamente vuol dire ridurre il Pil. Nonostante l’ineluttabilità di queste misure di riduzione, il mondo politico/economico a tutti i livelli internazionali, nazionali e locali continua a inseguire il mito irrealistico del Pil in eterna crescita. È come pretendere di aumentare le razioni quando abbiamo visto che le scorte sono a metà. In Trentino, (ma anche in Europa) questi concetti semplici e queste ricette semplici non sono arrivati. Potete vedere crescenti opere stradali (opere pubbliche), scavi enormi per enormi edifici: in Trentino abbiamo un’altra torta ormai ridotta alle briciole: le risorse di territorio. Abbiamo fabbricato quasi ogni metro quadro fabbricabile, urbanizzato anche quello che non era razionalmente urbanizzabile. Tutto questo viene giustificato dall’obiettivo di «sostenere certi settori dell’industria privata». Altrimenti qualcuno licenzierà lavoratori dipendenti. Non è questa la strada. Bisogna che tutti ci rendiamo conto che l’obiettivo non è quello di far crescere il Pil: è quello di fare un «soft landing», un atterraggio morbido; cioè di far decrescere il Pil in maniera controllata - diciamo 1-2% l’anno per evitare il collasso. Ma siamo in carovana (su uno stesso pianeta globalizzato): non ci possono essere categorie che vedono i loro redditi crescere dell’1 o del 5% l’anno mentre le altre si vedono tagliare quell’1-2%. L’alternativa? Veder crescere il Pil per uno o per sei mesi o per due anni e poi aspettare un collasso del 10 o del 20%. Antonio Zecca
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