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Parigi, 14 novembre 2010 I verdi di Europe Ecologie-Les Verts non saranno né di destra né di sinistra. Lo slogan che già fece le (relative) fortune di Jean-Marie Le Pen viene fatto proprio da Daniel Cohn-Bendit sul palco di Lione, dove ieri è nato il nuovo partito ecologista francese frutto della fusione tra Verts e Europe Ecologie: «Saremo intransigenti con tutti i produttivisti, che siano di destra o di sinistra...». E ancora, senza paura di scomodare Mao e una delle sue immagini; «Dovremo stare nella società francese come un pesce nell’acqua, altrimenti sarà come non esistere». Dopo due anni di speranze, successi elettorali, litigi e reciproche accuse di settarismo, le due formazioni sono riuscite ad arrivare a un atto di fondazione che punta a consolidare il ruolo degli ecologisti come terza, pesante forza della politica francese, sull’onda lunga dell’affermazione alle europee del giugno 2009 (quando il movimento arrivò al 16,3 per cento). Cohn-Bendit, già Dany il Rosso ai tempi del 68, si è speso fino all’ultimo per convincere i Verts di Cécile Duflot a confluire nel nuovo partito annacquando l’identità gauchiste. «Troppi litigi e vecchie logiche», protestava Cohn-Bendit ancora qualche giorno fa; «Puffo brontolone», gli ha ribattuto la Duflot, con stile poco ortodosso ma efficace. Malumori e asperità di carattere a parte, i tanti leader della galassia verde ieri sono finalmente apparsi l’uno accanto all’altro: oltre a Cohn-Bendit e alla Duflot, hanno preso la parola Dominique Voynet e Noël Mamère, l’ex candidato presidenziale Antoine Waechter e il decano José Bové. La scommessa di Cohn-Bendit e del nuovo partito è di rivolgersi a un bacino di voti che non sia limitato agli elettori di sinistra poco convinti dai socialisti: «Se vediamo le cose dalla prospettiva della lotta alla povertà, allora l’ecologia politica è di sinistra e contro una destra che tende ad approfondire le disuguaglianze — ha detto Cohn-Bendit —. Ma quanto alla lotta per la democrazia e per i diritti dell’uomo, ragionare in questi termini non ha senso. È il momento di andare oltre». L’uomo giusto per rivolgersi a una platea la più ampia possibile potrebbe essere l’animatore tv Nicolas Hulot, che ieri ha interrotto Il suo digiuno politico-mediatico per intervenire al congresso in qualità di invitato non militante. Il popolare conduttore della trasmissione «Hushuaia» dedicata all’ambiente aveva scelto di collaborare con Sarkozy e con il ministro dell’Ecologia, Jean-Louis Borloo, proprio in nome di una «sensibilità ecologista diffusa», non relegata a una parte della sinistra. Deluso da un presidente capace di dichiarare «la questione dell’ambiente ha un po’ stufato» all’ultimo Salone dell’agricoltura, Hulot ieri non ha escluso di presentarsi alle prossime presidenziali del 2012, «anche se non sono sicuro che ci sia bisogno di me». I circa duemila militanti riuniti nella sala gli hanno risposto scandendo in coro «Con noi, con noi!». Se Nicolas Hulot sembra cominciare una lunga fase di riflessione e di osservazione da lontano, la più pronta a mettersi in gioco è l’ex giudice Eva Joly, che ha parlato di «un momento storico, un’occasione di speranza per tutti i cittadini». A lei vanno le preferenze di Cohn-Bendit, poco entusiasta dell’appoggio esterno dell’extraterrestre» Hulot. La 67enne eurodeputata franco-norvegese si dice pronta a lottare per una «ecologia della sobrietà gioiosa». Sedici mesi alle elezioni: il tempo per spiegare che cosa significhi non manca.
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