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Trento, 30 aprile 2004
AMBIENTI ALPINI: LE PROPOSTE DEI VERDI
POLITICHE INTEGRATE, NECESSITA’ PER IL FUTURO SOSTENIBILE DELLA MONTAGNA

di Valter Giuliano, assessore provinciale di Torino

E’ opinione diffusa che da una decina di anni, a partire cioè dalla nuova legge nazionale e dalle successive Conferenze del Cnel, su questo argomento, si registrino oggi avvisaglie di un nuovo atteggiamento e soprattutto di un nuovo interesse nei confronti dei territori montani, per troppo tempo lasciati ai margini delle politiche di sviluppo del paese.

Come Verdi non abbiamo mai mancato di sottolineare l’esigenza di un mutamento radicale che dal “ problema montagna” evolvesse verso “la risorsa montagna”, prospettando un possibile “Rinascimento” delle nostre vallate montane.

Perché ciò potesse avvenire, abbiano sempre richiamato l’esigenza di coniugare strategie capaci di concorrere al raggiungimento del risultato, consapevoli del fatto che il rilancio delle terre alte non può passare solo dalle politiche di settore, ma richiede un approccio complessivo che deve guardare, prima di tutto, al rilancio della consapevolezza e dell’orgoglio di vivere “in” e “della” montagna.

Sotto questo profilo oggi disponiamo di strumenti significativi come, ad esempio, la Convenzione delle Alpi che, partita da un punto di vista di esigenza di tutela di un equilibrio ambientale fragile e delicato, ha esteso il suo campo di intervento a tutte le politiche per l’arco alpino, correttamente applicando quel principio di “territorializzazione delle politiche ambientali” indicato dalla Conferenza Internazionale di Rio de Janeiro come strategia per lo sviluppo sostenibile

Su questo punto specifico, dobbiamo purtroppo sottolineare l’insipienza delle politiche governative, il cui disinteresse è ben evidenziato dalla paralisi che da tempo contraddistingue la “Consulta Stato-Regioni per l’Arco Alpino”, istituita presso la Presidenza del Consiglio e che, prima con la presidenza lombarda oggi con quella piemontese, manifesta una intollerabile inefficienza operativa.

La Convenzione rappresenta lo strumento operativo attraverso cui la nostra montagna, ma più ampiamente la montagna d’Europa, può trovare il suo futuro puntando sull’ambiente e sulla cultura come settori strategici.

In questa ottica diviene interessante interrogarsi sul contributo delle montagne, innanzi tutto al rafforzamento della cultura e dell’identità del nostro paese che passa anche attraverso la valorizzazione di tutti quei “saperi di fare” che si sono massimamente conservati e tramandati proprio nelle aree montane. E senza i quali le varietà e le eccellenze enogastronomiche -ad esempio, ma è scelta dettata solo dall’attualità dell’interesse al tema-, difficilmente sarebbero oggi quel valore aggiunto che sappiamo, anche nella competitività territoriale in campo turistico, dove la diversità e la tipicità giocano un ruolo nient’affatto secondario.

Dall’altro lato la qualità ambientale, segnalata dalla presenza, non certo casuale di un’alta percentuale di aree protette proprio nelle “Terre alte” suggerirebbe di applicare al territorio montano quel “bilancio ambientale” da tempo suggerito come nuovo strumento di analisi della qualità della vita e dello sviluppo economico.

Si potrebbero così inserire, nella colonna delle entrate, quei valori intangibili e non valutabili con gli strumenti tradizionali dell’economia, che sono ad esempio, la qualità dell’aria –con quelle “fabbrica di ossigeno” che sono le foreste-, piuttosto che la manutenzione dell’assetto idrogeologico -prevenzione sempre più indispensabile per evitare distruzioni e danni economici (questi sì valutabili) a valle, in pianura-, o ancora la qualità dell’acqua, risorsa destinata a diventare sempre più strategica per il futuro.Se finalmente ci rendessimo conto di questa realtà, diverrebbe allora del tutto naturale inserire queste valutazioni tra gli indici atti a valutare la ricchezza di un paese e la qualità della vita, sostituendoli a parametri che gli stessi economisti ritengono invecchiati e inadeguati e che pure continuano ad essere utilizzati con il Pil.

Per fortuna qualche segnale di adeguamento alle mutate condizioni della società umana e del suo rapporto con l’ambiente di vita cominciano a fare la loro timida comparsa. Un segnale di apertura interessante viene, ad esempio, dalla riforma della PAC, che introducendo il concetto dell’agricoltura multifunzionale, estende la visione meramente produttivistica delle attività agro-silvo-pastorali, riparametrandone valutazioni e sostegni, per coniugare con essa le funzioni di conservazione del territorio, del paesaggio, dell’equilibrio idrogeologico: come a dire, la conferma dell’importanza del presidio umano, senza il quale non si ha futuro della montagna europea.

Il nuovo modello agricolo europeo potrà dunque contribuire allo sviluppo locale delle nostre vallate alpine in maniera innovativa e ci auguriamo proficua per ridare fiducia non solo a un comparto produttivo, ma a un intero territorio.

Come Verdi siamo convinti che si debba davvero lavorare per un “Rinascimento” della montagna per il quale non è sufficiente amministrare bene e con razionalità il presente.

Occorre introdurre elementi di fantasia, con progettualità innovative che si sappiano innestare nella tradizione per dare nuovi frutti, aprire nuove prospettive, adeguate alla modernità che viviamo e che non può essere affrontata con politiche settoriali.

Ciò può essere positivamente perseguito a partire da alcune consapevolezze di fondo che sappiano riconoscere ai territori montani il loro insopprimibile ruolo di fornitori di ossigeno, acqua, risorse energetiche rinnovabili e, nello stesso momento, spazi per la libertà delle menti e dello spirito insostituibili per le persone del nuovo millennio.

Dobbiamo proporre che la montagna e il suo futuro siano al centro di una riflessione globale, riprendendo quelle argomentazioni che la Conferenza Mondiale sull'Ambiente di Rio de Janeiro seppe prendere in considerazione con grande attenzione il futuro dei territori di montagna dedicando un apposito capitolo dell'Agenda 21, il 13°, proprio allo sviluppo degli ecosistemi montani, in cui vive circa il 10% della popolazione del pianeta.

Dal successivo rapporto della terza sessione annuale sull'Agenda 21 che ha ulteriormente approfondito l'argomento, sono venute alcune importanti indicazioni che sottolineano l'importanza cruciale degli ambienti e gli ecosistemi montani in quanto centri unici e ricchi di diversità biologica e culturale, e di risorse per il futuro.

Ma insieme alla complessità ne sono stati segnalati la fragilità e l'alta sensibilità ai cambiamenti climatici.

Per garantire lo sviluppo sostenibile delle montagne e l'effettiva partecipazione delle popolazioni montane all'utilizzazione e alla conservazione delle risorse montane -segnala la Commissione- è necessario un approccio interdisciplinare.

Obiettivi prioritari sono da un lato l'attuazione di strategie per lo sviluppo capaci di conferire alle comunità montane il potere di esercitare un più largo controllo sulla gestione e sulla conservazione delle risorse locali -generando reddito in modi sostenibili ed equi-, dall'altro il sostegno al recupero e alla promozione delle espressioni culturali delle popolazioni montane, perché la diversità culturale delle comunità insediate in quei territori rappresenta una forte e valida base per l'utilizzazione e per la conservazione sostenibile delle risorse

Emerge inoltre il ruolo fondamentale e strategico che le popolazioni locali hanno e possono continuare a svolgere.

Il presidio umano, fatto di identità culturale e di radicamento in simbiosi con l'ambiente, può insegnare al nostro futuro la strada da percorrere per uno sviluppo in sintonia con l'ambiente nel rispetto delle persone e delle comunità.

E' da questi suggerimenti da scenario globale che occorre partire anche nelle politiche locali per la montagna.

I Verdi si impegnano a farlo, consapevoli che le proposte di tutela e conservazione dell’ambiente naturale e delle sue componenti di biodiversità, possono essere vincenti solo se accompagnate da politiche socio-economiche e culturali che garantiscano pari dignità agli insediati nei territori montani, cui deve essere assicurato l’accesso a quei servizi fondamentali di cui tutti i cittadini possono oggi fruire.

Per le attività economiche debbono invece previste deroghe opportune che tengano conto delle oggettive difficoltà che la conformazione geografica comporta e senza le quali la competitività delle aziende di montagna è destinata a crollare, innescando fenomeni di abbandono destinati a riflettersi in negativo sul territorio e sulla società: sconti ed esenzioni fiscali, semplificazione normativa, attivazione degli strumenti per la pluriattività, sono solo alcuni dei suggerimenti che, pur previsti dalle normative vigenti, richiedono segnali concreti di applicazione.

Ma i Verdi sollecitano anche una riflessione e una presa di coscienza generalizzata sul rapporto tra aree urbane di pianura e montagna, per porre rimedio a uno scambio ineguale che penalizza ancora la seconda.

La montagna ha bisogno delle città, ma queste non possono fare a meno delle montagna, in un doppio legame vitale per costruire un futuro che non può permettersi di lasciare ai margini fette così importanti del paese.

Nel XXI secolo il rapporto tra città e montagna va assumendo sempre più caratteristiche di stretta interrelazione che le rende l'una necessaria all'altra.

Il rapporto va semmai ricalibrato sulle aree metropolitane, rispetto alle quali si verifica uno scambio per reciproco interesse nel quale la città riceve dallo spazio alpino la disponibilità di risorse e spazi naturali sempre più rari e preziosi insieme alla preventiva tutela dai rischi naturali.

Ma perché ciò si verifichi è indispensabile garantire il presidio umano e dunque condizioni socio-economiche che lo rendano possibile.

Vanno dunque perseguite alcune linee di intervento per lo sviluppo della base produttivo-finanziaria della realtà montana:
-  perseguire tutti gli obiettivi individuati dalla legge quadro sulla montagna in particolare per la parte che prevede la "proprietà di risorse" come prodotti della pesca, della caccia, del sottobosco, i "marchi" e la "vendita" di prodotti di qualità, il turismo, l'agricoltura ecc;
-  prevedere controvalori specifici per il "rilascio" di risorse autoctone della montagna. E' fondamentale per esempio, il corrispettivo sul valore finale del prodotto "acqua" consentito dall'applicazione della legge Galli;
-  istituire forme di compensazione che prevedano la possibilità di prelevare, anche a favore della montagna, ragionevoli percentuali sui frutti delle infrastrutture che ne utilizzano il territorio.

Poiché nelle comunità "deboli" le risorse si "vendono", in quelle forti si "investono", bisogna ricavare dalle risorse montane non tanto dei corrispettivi in denaro, quanto delle basi di sviluppo.

Va inoltre annotato che voci normalmente considerate come costi -quali opere per la difesa idrogeologica e l'assetto del territorio, interventi di sostegno socio-assistenziale, indennità compensative e integrazioni di reddito- significano invece investimenti i cui benefici effetti si trasmettono, in termini di prevenzione, sull'intera collettività.

Quando si riflette sugli scenari futuri della montagna emergono generalmente tre categorie:
-  quella nostalgica, del rimpianto, all’inseguimento di un ipotizzato, e falso, bel tempo che fu;
-  quella della conservazione e della tutela quasi non si trattasse di categorie in movimento, in evoluzione continua, pienamente giocata su un’interazione storica tra ambiente e attività umane;
-  quella della rassegnazione alla modernità che induce a inseguire modelli esterni e che produce lacerazioni tra aree a diversa velocità di sviluppo:

Davanti alle sfide del nuovo millennio sono tutte risposte egualmente inadeguate e insufficienti.

La giusta strada tra queste ipotesi estreme, capace di mantenere un territorio fragile ma nel contempo forte, può arrivare solo dalla montagna stessa.

La storia insegna che i modelli elaborati in pianura non si sono mai adattati alle esigenze della montagna e quest'ultima deve tornare a prendere il mano il proprio destino.

La scommessa da vincere sta nella congiunzione strategica tra ambiente e identità culturale, tra natura e dimensione antropologica.

L'invenzione del futuro delle nostre vallate alpine si giocherà sulla capacità di coniugare conservazione, come recupero dell'orgoglio e mantenimento della propria identità culturale e innovazione, come disponibilità a recepire e accogliere nuove conoscenze e tecnologie di avanguardia.

Occorre perseguire un equilibrio all'interno di dinamiche internazionali che da un lato stanno spingendo verso la standardizzazione dei prodotti e l'omologazione delle culture e delle forme di consumo e dall'altro inducono come reazione la riscoperta della dimensione locale, della diversità e della specificità come valori da difendere.

Un equilibrio da trovare scongiurando il rischio di regredire su modelli e usi arcaici, per valorizzare le specificità utilizzando al meglio l'innovazione.

Sul piano pratico ciò significherà ad esempio più urbanità senza ulteriore urbanizzazioni, più occupazione senza maggiore dipendenza dai centri decisionali esterni, più naturalità senza che ciò comporti abbandono del territorio, ma anzi nuove forma di insediamento compatibili con la sua salvaguardia.

Una sfida complessa che parte dalla consapevolezza che il futuro del pianeta si scommette su tre nodi fondamentali:
-  sviluppo sostenibile: non solo in relazione alla compatibilità e durabilità ambientale, ma anche come impegno per la riduzione -sino all'annullamento- delle ineguaglianze dello sviluppo socio-economico tra le regioni del mondo;
-  ambiente: la gestione del pianeta va calibrata sulle esigenze di conservazione delle risorse naturali rinnovabili e sul corretto utilizzo dei beni non rinnovabili che ne riduca gli sprechi e ne favorisca il riutilizzo. L'obiettivo è quello di far sì che l'ambiente fornisca all'umanità risorse naturali di qualità;
-  cultura: l'impegno è quello del mantenimento delle diversità e delle specificità, senza conservazionismi tribali e senza colonizzazioni.

Ci rendiamo conto che di questa sfida vi è oggi ancor troppo scarsa consapevolezza nell’opinione pubblica e anche nelle classi dirigenti.

Per questo i Verdi esistono. Per questo i Verdi si sono fatti partito europeo.

Per questo i Verdi possono far partire dalle montagne, dalle Alpi, la loro sfida di modernità eco-sostenibile.

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