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Trento, 18 dicembre 2005 “Allora faremo come in val Susa”. Rosa Thaler è la persona più mite del mondo. Rappresentante dei contadini (meglio: delle contadine) della Bassa Atesina, consigliera provinciale SVP, ogni vigilia di Natale regala a tutte le consigliere e consiglieri un fagottino coi cioccolatini e gli auguri. Se persino la Rosa se n’è uscita con una minaccia del genere, vuol dire che l’hanno fatta arrabbiare davvero. Aveva infatti appena saputo che la promessa della costruzione contemporanea del Tunnel del Brennero e della nuova linea verso Sud non sarebbe stata mantenuta. Dunque: Bronzolo come Venaus? Se finirà così, non saprei dire. Di solito il Brennero viene contrapposto alla valle piemontese: lì sì che hanno ragione a protestare. Al Brennero, invece… Eppure le analogie sono impressionanti: l’ho potuto constatare partecipando a Torino a un convegno sulla TAV svoltosi alla Camera del Lavoro CGIL. I progetti sono identici, progettati entrambi da ITALFERR. Due tunnel a doppia canna (qui di 56 km, là di 52,7), cunicoli di accesso, cunicolo pilota, gallerie di intercomunicazione. Costi ufficiali (sotto) stimati: 20 miliardi di euro il nostro e 17 miliardi il loro. Identiche persino le sigle delle società promotrici: GEIE-BBT qui, GEIE-Alpetunnel là, sostituite poi in entrambi i casi da società transfrontaliere di diritto europeo. Altra analogia: in entrambi i casi è previsto traffico misto di merci e passeggeri. Sulla nuova linea sotto il Brennero, ad esempio, il progetto prevede nel 2015 il passaggio di 28 treni passeggeri a lunga percorrenza e di 129 merci. Sulla vecchia linea, 54 passeggeri e 104 merci. E questo è un punto contestato, qui come là. Merci e persone viaggiano infatti a velocità molto diverse e si ostacolano a vicenda. Dove il trasporto merci per ferrovia funziona – in America, per esempio - esistono linee dedicate solo ai merci, che vanno alla modesta velocità di 60 km all’ora, ma non si fermano mai. Mentre in Italia ne stanno giorni e notti fermi nelle stazioni. Dunque, quante merci riusciranno a assorbire questi megatunnel “misti”? Anche la motivazione delle due opere è identica: il Brennero sarebbe il collo di bottiglia del “Corridoio 1” tra Berlino e Palermo, il Frejus quello del “Corridoio 5” tra Lisbona e Kiev. I fautori scommettono, in entrambi i casi, sull’Oriente. I porti del Sud Italia, si dice nello studio preparatorio per il Brennero, “potranno smaltire una parte non indifferente del futuro traffico container transoceanico proveniente dall’Asia, sottraendolo – attenzione al verbo: SOTTRAENDOLO! – ai porti del mare del Nord”. L’obbiettivo non è ridurre il traffico, ma “smaltirne” sempre di più: l’Italia come piattaforma logistica portacontainer. E’, questo, un futuro desiderabile? Qui in Sudtirolo, come là in Piemonte, parecchi si interrogano. Perché dietro c’è un po’ una mentalità da gabellieri: l’idea di arricchirsi facendo pagar pedaggio a chi passa. Nell’esperienza quotidiana tutti capiscono che il vero pedaggio lo paga chi è attraversato, mentre chi attraversa guadagna. Il timore che serpeggia in Val d’Isarco e in Bassa Atesina è di diventare ancora di più corridoi di traffico, cittadini di serie B rispetto a chi vive invece al riparo dei comprensori più laterali, sopraelevati e turistici. Tra chi muore di traffico e chi vive del traffico aleggia il rischio di una spaccatura sociale e nelle valli-corridoio – mica è un caso - la Svp crolla alle elezioni. E poi – qui come là – anche i bambini ormai capiscono che l’esigenza di trasportare sempre più merci sempre più velocemente a prezzi sempre più stracciati non è una legge di natura, ma il risultato di una nuova divisione mondiale del lavoro che sparpaglia le produzioni dove il lavoro costa di meno, non ci sono protezioni sociali, non ci sono limiti all’inquinamento. La cosa ci tocca già. Il Trentino-Alto Adige ha il più grande distretto di produzione delle mele del mondo, eppure da qualche anno nei nostri supermercati sono in vendita mele cinesi a un prezzo inferiore a quelle locali. E in Sudtirolo tutti conoscono quella rinomata azienda, la Thun, che fabbrica in Cina angeli di terracotta per poi rivenderli nei nostri mercatini di Natale come prodotti tipici locali a migliaia di turisti arrivati da tutta Italia in migliaia di bus e automobili facendo ore di fila in autostrada. E’, questa, una vita desiderabile? L’obbiettivo dei due tunnel è – in Piemonte come al Brennero – quello di spostare le merci dalla strada alla rotaia. E nessuno, da noi come da loro, è contrario. Ma sia da noi che da loro ci si domanda come farlo e se il primo passo sia quello di sforacchiare le Alpi. I dati diffusi dalla Cipra (la Commissione per la Protezione delle Alpi) nel settembre scorso dicono che oggi i 5 maggiori valichi ferroviari alpini a doppio binario sono utilizzati solo al 30%: il Brennero al 33%, il Frejus al 37%, il Sempione al 14%, il Gottardo al 60%, il Tarvisio al 18%. La Cipra calcola che raddoppiando l’utilizzo dei valichi ferroviari esistenti (e resterebbe un 40% di ulteriore capacità) si potrebbe trasportare 150 milioni di tonnellate l’anno, qualcosa di più di tutto ciò che oggi attraversa le Alpi sia su gomma che su rotaia. Insomma, quel che manca non sarebbero in primo luogo i binari sui valichi, ma una politica coerente dei trasporti a favore della ferrovia. Le strozzature non stanno tanto sulle nostre montagne, ma intorno ai nodi delle città, nelle interconnessioni tra linee, nella inefficienza e inaffidabilità della gestione. Altro motivo per cui in Italia le merci non prendono il treno è che sulle autostrade si viaggia a prezzi stracciati. Nella parte italiana del Brennero un Tir paga 9 centesimi al km, mentre nel tratto austriaco 60. Quando in Austria c’erano gli ecopunti, tanti camion viaggiavano in treno nella valle dell’Inn, poi al Brennero smontavano per continuare sull’A22. E quando gli ecopunti sono stati aboliti, a fine 2003, in poche settimane il transito merci su ferrovia è crollato dal 30% al 24% e l’”autostrada viaggiante” (Tir su treno) si è svuotata. A Torino Andrea Debernardi, esperto di trasporti ferroviari della società Polinomia, ha portato l’esempio della nuova linea di Tarvisio, pronta dal 2000 con tutti i più moderni standard di trasporto merci, tra cui una velocità di 140-180 km/h (la stessa che avranno i merci sotto il nuovo tunnel del Brennero). Una ferrovia perfetta per le merci. Eppure il traffico merci su ferrovia al Tarvisio continua a diminuire mentre quello su strada cresce del 15% all’anno. Conclusione di Debernardi: le merci corrono sul vettore meno caro e lungo gli itinerari meno cari. Per trasferire le merci sulla rotaia e distribuirli meglio su tutte le trasversali servirebbe innanzitutto un’altra politica dei trasporti e un ammodernamento delle ferrovie storiche. Si farebbe in meno tempo, con meno spesa e con benefici subito percepibili. Da noi come in Piemonte, naturalmente, c’è chi dice che bisogna fare entrambi: i megatunnel e le linee storiche. E tuttavia, con una finanza pubblica tanto miserevole, l’impressione è che tutto non si possa fare. Che se si buca i monti, si finisce per abbandonare il resto. E’ qualcosa che già sta avvenendo. Mentre i ministri cantano le lodi dei tunnel al Brennero e in val Susa, la finanziaria Berlusconi taglia alle ferrovie 1200 milioni di euro per investimenti e 570 milioni per la manutenzione, taglia i soldi per il piano di sicurezza promesso dopo Crevalcore, taglia i soldi per 800 nuovi bus urbani, taglia 30 milioni di euro per i passanti ferroviari di Torino e di Milano. In compenso, stanzia 600 milioni per ridurre le imposte sul gasolio per far contenti gli autotrasportatori. Tunnel di Base, dunque: ma con quali vantaggi? Anche su questo, qui come là, si dubita. I piemontesi non credono alle vaghe stime sulla domanda di transito merci. Qui la Tiroler Tageszeitung ha reso noto lo studio che la società svizzera “Progtrans” ha elaborato per conto della BBT austriaca, la società che il tunnel lo vuole costruire. Scenario 2025, a tunnel aperto: quanti Tir ci risparmierà? Risposta: 33 al giorno. I Tir sull’autostrada saranno 6516 senza tunnel e 6483 con. Venti miliardi di euro per risparmiare 33 Tir? Mah. Su una cosa, invece, la nostra situazione sudtirolese (è trentina) è assolutamente diversa da quella del Piemonte: qui noi abbiamo l’autonomia speciale. Qui il governo – chiunque sia – non può passarci sopra la testa, mentre ai pareri dei sindaci della val Susa non è stato risposto neppure con una ricevuta di ritorno. Qui lo Statuto impone l’intesa: senza il sì di Durnwalder e Dellai, il Tunnel non si fa. Così noi siamo stati trattati meglio: consultazione, coinvolgimento, studi congiunti di impatto ambientale, prescrizioni. Ma alla fine saranno rispettate? Una delle richieste più importanti del Sudtirolo riguarda la realizzazione contemporanea del Tunnel e della tratta di accesso Sud, da Fortezza a Verona, per giunta in galleria. Altrimenti, chi ci vive più nelle valli? Qui, però, negli ultimi due mesi sono arrivate diverse docce fredde. Al solenne convegno internazionale IBET a Bolzano il responsabile della linea Verona – Brennero di Rfi, ingegner Antonio Ciaravolo, ha ribadito che i tempi previsti dal progetto sono: Tunnel nel 2015, tratta d’accesso sud non prima del 2030; circonvallazione di Bolzano nel 2011, circonvallazione di Trento nel 2020. Se si troveranno i soldi – ha mormorato il pubblico - visto che non si trovano neppure per il tunnel. Tempistica riconfermata qualche giorno fa in un vertice a Trento. E’ a quel punto che perfino la mite Rosa Thaler ha esclamato: “Se è così, faremo come in val Susa”. Riccardo Dello Sbarba |
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