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Trento, 23 aprile 2002 In seguito alla mobilitazione per la "retata" di collaboratrici familiari regolarizzabili dello scorso 25 marzo, comunichiamo che il Tribunale Civile di Trento ha accolto il ricorso collettivo (5 ricorrenti - provvedimento notificato il 22.4.2002) promosso dalle associazioni firmatarie del comunicato unificato del 28 marzo scorso (v. allegato), presentato attraverso il nostro Servizio di Consulenza Legale e l'avvocato Ottorino Bressanini, che ringraziamo. Alleghiamo il testo della decisione e ringraziamo tutti quanti hanno dato il loro sostegno a questa azione da più parti, facendo sentire viva la coscienza sociale in Trentino. In questo provvedimento il giudice ha annullato l'espulsione di tre delle cinque ricorrenti e diminuito da cinque a tre anni il divieto di reingresso in Italia per le altre due. Queste ultime infatti risultano essere entrate in Italia da alcune settimane e le loro posizioni non sono state ritenute regolarizzabili con il proposto provvedimento di sanatoria in corso di approvazione al Parlamento. Notiamo che non è stato necessario documentare la loro posizione lavorativa delle ricorrenti, così non esponendo alla sanzione penale i loro datori di lavoro e non perdendo l'offerta di lavoro che potrebbe sanare la loro posizione. Queste, in sintesi, le motivazioni: 1. interpretazione della legge alla luce dell'articolo 2 della Costituzione: le esigenze di presidio delle frontiere e di ordinata regolamentazione del flusso migratorio possono cedere alle istanze di solidarietà politica, economica e sociale sottese alla situazione di positivo inserimento sociale e lavorativo, nonché di assenza di condotte che violano l'ordine pubblico. L'espulsione non può perciò essere automaticamente applicata in caso di mancanza del permesso di soggiorno; 2. è in fase avanzata l'iter di approvazione di un disegno di legge volto proprio a regolarizzare le posizioni di lavoratori stranieri che svolgono lavoro domestico, come nel caso delle ricorrenti, purché presenti in Italia da prima del 1° gennaio 2002. Sarebbe diseconomico e irragionevole costringere le straniere all'abbandono del territorio italiano in presenza delle circostanze sanabili; 3. alle stesse conclusioni non si può giungere per le due ricorrenti che risultano essere entrate da poche settimane in Italia, non potendosi ritenere che vi sia uno stabile inserimento socio-lavorativo sanabile da tutelare. Peraltro si ritiene congruo ridurre da 5 a 3 anni il periodo di divieto al reingresso in Italia conseguente all'espulsione. Suggeriamo di chiedere al Questore di Trento o al Commissario del Governo di revocare i decreti di espulsione emessi nelle stesse circostanze, qualora non siano stati annullati con ricorso tempestivo al Tribunale Civile. Rita Bonzanin Direzione A.T.A.S. O.n.l.u.s.
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