Riva del Garda, 26 giugno 2010
Alcune osservazioni critiche su Metroland e VAL:
ombre e luci di un progetto annunciato
sul quale si sa ancora troppo poco
Intervento di Vanni Ceola
L’argomento meriterebbe un approccio più organico. I tempi sono quelli che sono. Scusatemi fin d’ora se in alcuni passaggi non mi soffermerò più di tanto. Sono comunque a disposizione per approfondire quello che riterrete più opportuno.
Dalle visioni di Oss Mazzurana al PUP del prof. Astengo a Metroland
Non possiamo nasconderci che il progetto Metroland sia di per sé un progetto affascinante. Il Presidente della Provincia afferma in sostanza: abbiamo speso miliardi di euro per dotare la Provincia di Trento di una rete di strade efficienti; ora dobbiamo pensare ad una rete ferroviaria altrettanto efficace, che consenta di collegare tra loro tutte le località del Trentino. Di primo acchito si tratta di un progetto ecologicamente compatibile, di una svolta nella politica della mobilità, di un progetto democratico perché consente a tutti gli abitanti della Provincia di essere quasi sullo stesso piano, di muoversi a costi contenuti. Nello stesso tempo consente una conversione da una mobilità privata ad una mobilità collettiva.
Fatta questa premessa vorrei andare a ricercare nella storia le origini di questo progetto.
Era un’epoca di profonda crisi economica quella di fine ‘800 quando amministratori lungimiranti pensarono e progettarono un’infrastrutturazione ferroviaria del Trentino. Una rete di tranvie che raggiungeva tutte le valli, che riduceva di 5 volte i tempi usuali di percorso. Sembrava una follia, prevedeva costi apparentemente insostenibili, ma in qualche decennio la ferrovia della Valsugana, la Trento-Malè, la Dermulo-Mendola, la Mori-Arco-Riva, la Ora-Predazzo vennero realizzate e furono volano di iniziative e fonte di ricchezza per i territori che raggiungevano. Il progetto, approvato dal Consiglio comunale di Trento era più vasto e organico, interessava le Giudicarie verso Brescia, prevedeva il collegamento della Rendena con le Valli del Noce, andava ad interagire con le ferrovie del Sudtirolo e del Bellunese.
Poi ci fu l’avvento dell’automobile, della mobilità individuale, delle strade e delle autostrade, del modello economico italiano tutto proteso alla motorizzazione privata. Della macchina come status symbol. I risultati li vediamo oggi: abbiamo un sistema ferroviario inefficiente (era fino agli anni ’60 il più sviluppato e moderno in Europa), lento, sporco, dove i passeggeri viaggiano in condizioni intollerabili (salvo i pochi privilegiati delle frecce rosse e d’argento) e nello stesso tempo abbiamo un sistema di trasporto individuale vicino alla paralisi. Le grandi città nelle ore di punta non sono raggiungibili. I tempi di percorrenza delle nostre strade sono diventati intollerabili. Ogni mattina serpentoni di macchine ferme cercano, lentamente, di entrare nelle nostre città.
In parte anche da noi, in Trentino, è stato così: le ferrovie locali sono state una a una smantellate. Nel 1963, per ultima, è stata chiusa la Ora-Predazzo. In controtendenza, una scelta coraggiosa, ha rilanciato la Trento- Malè, che oggi trasporta oltre 2,5 milioni di passeggeri all’anno, che viene visitata da esperti di tutta Europa, che è stata ed è un modello per molte esperienze ferroviarie, non ultima quella della rinnovata ferrovia della Val Venosta, che dalla Trento-Malè ha importato tecnologia ed esperienze.
La Provincia ha investito molto sulla ferrovia della Valsugana, ma finché questa non potrà diventare provinciale, finché non si faranno investimenti sulle rettifiche del percorso e sulla sua elettrificazione, rimarrà una ferrovia incompiuta.
Dobbiamo riflettere sul PUP del 1968, che ha dettato le prospettive del futuro urbanistico, ma soprattutto sociale del Trentino. Le scelte erano chiare e su queste scelte si sono mosse le comunità: si sarebbe potuto decidere di creare il paradiso terrestre, boschi, prati, laghi e fiori a servizio dei turisti. Ma poco a poco non avremmo trovato più nessuno che avrebbe avuto voglia di curare il giardino; sarebbero tutti scesi in città a cercare lavoro e fortuna nelle fabbriche, come comunque in qualche modo è avvenuto. Avremmo avuto la seconda grande ondata di emigrazione, dopo quella epocale iniziata nella seconda metà del 1800. Si scelse invece e giustamente di creare le condizioni, per gli abitanti delle valli, di poter rimanere nei loro paesi, di trovare lì i servizi necessari per poter vivere, di conservare il loro territorio, lavorandolo e così salvaguardandolo. Si sono sviluppati gli ospedali periferici, le scuole in ogni valle, le zone artigianali. E questo ha permesso alle comunità di svilupparsi e di crescere; di avere pari dignità rispetto alle città; di avere pari occasioni. O quasi. Questa politica ha in parte contribuito ad interrompere il fenomeno dello spopolamento delle valli.
I costi
Un ragionamento va fatto sui costi. Chissà perché, ogniqualvolta si parla di ferrovie, di trasporto pubblico, gli “economisti” cominciano ad affermare che le ferrovie non si possono fare, perché costano troppo, sia sotto il profilo della realizzazione, che della gestione. E cominciano a parlare di ammortamenti dell’investimento, di numero di persone impiegate nel servizio.
Avete mai visto un economista che parli di ammortamenti di una strada, di costi di manutenzione di una strada? (quasi che il servizio strade della PAT, per citare uno degli elementi di costo, fosse gratuito). La Provincia in questi anni, dopo aver ricevuto le competenze che erano dell’Anas ha costruito una rete invidiabile di strade e la gestisce in modo efficiente.
Costruire una ferrovia costa meno di costruire una strada. E quando parliamo di costi dobbiamo considerare tutti i costi: gli economisti tengono conto di quanto costa l’inquinamento delle vetture sulle strade? Dei costi per i cittadini per acquistare le automobili, dei costi per i combustibili, per le riparazioni,…e poi, qualcuno considera i costi per le migliaia di incidenti, per curare i feriti, per assistere gli invalidi, per consolare i parenti delle vittime, i costi che la società e le famiglie si sono accollati per l’istruzione e la professionalità delle persone che hanno subito un incidente? Questi non sono costi?
E allora il progetto Metroland, il progetto VAL o un altro progetto alternativo a questi è comunque interessante ed affascinante. La Provincia di Trento, prima in Italia assieme a quella di Bolzano decide di investire meno sulle strade e di investire di più sulla mobilità collettiva. Era ora. Si tratta però di capire come.
Metroland
Stiamo parlando di un qualcosa che non è neppure un progetto di massima, solo quattro righe tracciate su una cartina senza alcun ragionamento di fondo: e in particolare del come si leghi alla filosofia del PUP originario e a quello del 1988, quello Micheli del dopo Stava per capirci, sul quale i verdi hanno avuto un ruolo importante, e all’ultimo recente del 2008. Qual è l’idea della mobilità del Trentino sottesa a questo progetto; e non solo della mobilità, ma anche e soprattutto del futuro economico e sociale di coloro che vivono nelle valli del Trentino.
Perché, quando ascolti le necessità che ti prospettano amministratori e abitanti delle valli, le comunità che vivono ogni giorno nelle valli, quello che chiedono è sempre e solo di realizzare un sistema di mobilità interno alla valle per consentire di muoversi meglio, di sfruttare le opportunità che lì vengono offerte. Andare e tornare a Trento è sempre stato visto come un problema secondario. Del resto i dati dello studio Ciurnelli (lo studio di Perugia che ha collaborato al Piano della mobilità della Provincia) individuano correttamente quali siano le origini-destinazioni dei residenti nelle valli. In gran parte interni alle stesse. Questo, ovviamente, non vuol dire che non si debba pensare a collegamenti ferroviari con il centro, anzi.
Poi, dobbiamo considerare che abbiamo un territorio unico. E non lo facciamo vedere? Le ferrovie di tutto il mondo realizzano carrozze panoramiche per consentire ai passeggeri di vedere il panorama, di pensare, di leggere, di lavorare al computer, di conversare in un ambiente piacevole e amichevole. Ha senso un percorso quasi tutto in galleria?
Abbiamo pensato dove metteremo i milioni di mc. di materiale necessario per realizzare le gallerie? Abbiamo pensato e valutato le conseguenze sotto il profilo idrogeologico della realizzazione delle gallerie? (Ci ricordiamo, per esempio, cosa è successo con la galleria Adige-Garda?). E allora, sempre per fare un esempio, visto che si vuole perforare i Lagorai per collegare Pergine con Cavalese, ci rendiamo conto che i laghi del Lagorai sono tutti collegati fra loro con un sistema di vasi comunicanti?
Non si tratta di confondere Metroland con una ferrovia di montagna come può essere definita, in parte, la FTM. Ma si tratta comunque di dare servizi ai territori e la ferrovia può essere lo strumento migliore per divenire cerniera ed elemento di collegamento delle realtà intervallive e fra loro e il centro. Potrà anche essere un mezzo di trasporto per i turisti, che lasciata in valle la loro macchina (con o senza i regali di Michil Costa e degli albergatori dell’Alta Badia nella loro recente e fantasiosa iniziativa) possono utilizzare per i loro spostamenti il treno, anche per una piacevole gita a Trento in un giorno di pioggia. O percorrere le valli alla scoperta di nuovi paesaggi e di nuove suggestioni ambientali. In questo gli Svizzeri sono stati maestri: la rete dei loro treni percorre, lenta, le loro valli e trasporta passeggeri entusiasti provenienti da ogni parte del mondo.
Si è detto dei tempi di percorrenza. Al di là di evidenti errori materiali (non è pensabile percorrere 34 Km in 14 minuti, a una media di 146 Km/h), rispetto ad una ferrovia tradizionale i tempi origine-destinazione sono significativamente inferiori solo per le località che hanno una stazione. Per tutte le altre i tempi si dilatano e un treno che le tocca, le attraversa e carica passeggeri nelle stazioni dei diversi paesi consentirebbe invece tempi sicuramente concorrenziali a quelli del trasporto privato.
E come non pensare ad un territorio che può essere offerto al turismo come raggiungibile in ogni sua valle da un treno panoramico, che ne esalti da subito le bellezze. Le stesse bellezze possono essere apprezzate, e sono apprezzate, anche dai passeggeri locali.
Non mi scandalizzo invece per i costi. Ritengo che siano assolutamente compatibili con il bilancio provinciale e che anzi rappresentino un investimento sicuramente da fare.
Neppure ritengo sovrastimato il sistema sulla base dei passeggeri che si prevede possano essere trasportati. Se vogliamo creare un sistema ecologicamente sostenibile, se vogliamo dare del nostro territorio un significato di questo genere, non c’è spazio per discussioni sulla compatibilità economica di un sistema ferroviario in Trentino.
Metroland deve essere pensata anche per il servizio merci. Non hanno senso le file di camion che percorrono la val di Non e quella di Sole per portare i cementi di Tassullo, le mele di Melinda o l’acqua di Peio. Sull’acqua poi andrebbe fatto un altro ragionamento, ma non è questa la sede. Nei primi anni ’90 avevamo spinto molto per la rinascita della MAR, non solo come mezzo di trasporto di passeggeri, ma anche per eliminare gli autotreni della Cartiera, oltre che tutti i mezzi che riforniscono di merci la Busa.Forse oggi i tempi possono tornare ad essere maturi. Del progetto Metroland, certamente il collegamento Rovereto-Riva appare il più urgente. Ma cerchiamo di ottenere che sia il meno possibile in galleria. Facciamo vedere il passo San Giovanni e poi facciamo affacciarsi i passeggeri sul balcone di Nago, a guardare il lago di Garda e la rocca di Arco. Si pagano 25 euro per salire in funivia da Malcesine verso il Baldo e noi pensiamo di mettere nel buio delle gallerie i nostri passeggeri. Magari gli proiettiamo un film di quello che c’è fuori e non possono vedere dal treno?
La VAL di Trento
Un sistema efficiente di ferrovie sul territorio non può non coniugarsi con un sistema di mobilità collettiva nelle città più importanti.
Dieci anni fa proposi al Sindaco di Trento la realizzazione di un tram che viaggiasse il più possibile in sede propria e che attraversasse da sud a nord Trento, un sorta di spina dorsale sulla quale innestare un sistema di bus, di tapis-roullant, di ascensori, di funivie, di piste ciclabili.
Le merci avrebbero dovuto essere distribuite collettivamente come si fa in tante città del mondo. La città avrebbe dovuto essere liberata dalle macchine. Il nuovo progetto di PUM, anche se molto timidamente, disegna una città di Trento che cerca di avvicinarsi ad un modello come quello a suo tempo proposto.
Trenta anni fa i cittadini di Zurigo decisero che nella loro città non c’era spazio per un sistema di metropolitana. Non solo sono sopravissuti senza, ma hanno una delle città meglio servite in Europa dal servizio pubblico.
Ecco allora le mie perplessità sulla Val, che non si basano sul fatto che la stessa Siemens la propone per città di almeno 300.000 abitanti. La Val è un sistema complesso e delicato, viaggia senza manovratore, ma richiede un numero altissimo di addetti (a Torino sono più di 120 per 10 Km di linea). E’ veloce, ma a Torino viaggia ad una media di 40 Km/h, con fermate distanti l’una dall’altra 700 metri. A Trento, senza corsie preferenziali, i bus viaggiano a 22 Km/h., con fermate ogni 300 metri. Un tram o i bus, con linea riservata, possono avvicinare i 40 Km/h.
Non discuto di costi, né di passeggeri. L’ho detto prima per Metroland e lo ribadisco per la Val. Partiamo poi da un servizio di bus che porta ogni anno 22 milioni di passeggeri in una città di 115.000 abitanti. Certo, da un po’ fastidio quell’indicare sempre a esempio Modena (190.000 abitanti e 8 milioni di passeggeri all’anno, un rapporto di quasi 1 a 5 a nostro favore). Ma, purtroppo, questi sono i nostri amministratori comunali.
Ho poi dei dubbi per l’utilizzo progettato della VAL in Valsugana fino a Pergine. Si tratta di un sistema segregato, che raggiunge una velocità massima di 70 Km/h. Credo serva un mezzo più veloce e più semplice. Un treno leggero.
E poi il problema che ritengo più importante: da ovest a est abbiamo oggi almeno sei barriere principali (autostrada, tangenziale, l’Adige, la ferrovia, la Trento-Malè, via Brennero). Ne creiamo un’altra? La Trento–Malè verrà a breve interrata. Non si potrebbe spostare su via Brennero? Non potrebbe diventare una sorta di servizio metropolitano? Nel senso, utilizziamo quello che c’è, potenziamolo. Colleghiamolo alla Valsugana da un lato e portiamola verso Rovereto dall’altro e poi giù verso Arco e Riva, in una sorta di treno-tram, come avviene in molte città tedesche. Abbiamo decine e decine di esempi virtuosi da copiare. Non ci si deve vergognare di copiare quando i modelli sono convincenti.
Togliamo le macchine dalle strade, o da parte delle strade e creiamo un tram che viaggi su sede propria. Mettiamolo in collegamento con un sistema ferroviario di Valle efficiente, con fermate in ogni Paese. Non sono i cinque minuti in più o in meno che danno maggiore o minore appeal ad un treno, sono altre cose, sono l’efficienza, il cadenzamento, la pulizia. Credo che, se ci riusciremo, avremmo fatto un grande servizio al nostro territorio.
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LA SCHEDA
VANNI CEOLA, avvocato, è stato Presidente di Atesina S.p.A dal maggio 2000 al novembre 2002 e di Trentino Trasporti fino al maggio 2010. Da assessore alla vivibilità urbana del Comune di Trento, all’inizio degli anni ’90, si è in particolare occupato del Piano della mobilità urbana (che realizzò la pedonalizzazione di Piazza Fiera e di molte vie del centro storico cittadino oltre alla riorganizzazione della mobilità cittadina). Nella sua attività professionale si è spesso occupato di importanti processi ambientali e sociali, dalle prime lotte per il diritto alla casa negli anni ’70, a fianco dei comitati di quartiere cittadini, fino al processo per la strage di Stava ed in processi per reati ambientali svoltisi in altre città italiane. (gp) |