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Il progetto orso continuerà, secondo la mia opinione, a vivere sempre peggio: inserire il selvaggio laddove vive l'Homo sapiens è operazione difficile in quanto l'uomo, lo insegna la storia, il selvaggio lo rifiuta da almeno decine di migliaia di anni, da quando cioè ha iniziato a modellare, eliminare, selezionare gli altri esseri viventi in base alle sue necessità. Una soluzione per garantire il reinserimento della megafauna o di altri animali allo stato brado, potrebbe essere quella di prevedere un'area recintata e protetta. Senza una porzione di territorio dedicata, infatti, non si possono non sollevare, per varie ragioni, contrasti e avversioni. Ritengo la separazione fra «domestico» e selvaggio l'unica carta che ci è rimasta per preservare sia la natura che l'uomo stesso. Ma la vera questione è che, al di là dei metodi scelti, la salvaguardia non avverrà. Siamo una specie troppo potente ed egoista: lo siamo per natura. Ad esempio per l'orso non credo vi sarà mai in noi la maggioranza che, pur di lasciarlo liberamente vivere in un'area riservata, rinuncerà, un giorno, al poter disporre di una seggiovia, di una baita o di un bosco da funghi in più. Noi Sapiens siamo dei grandi predatori e consumatori di ogni elemento terrestre anche perché, e qui sta il nostro destino, per sviluppare appieno molte nostre potenzialità, abbiamo bisogno di quantità immense pro capite di energia, di materie prime, di territorio. Provate a calcolare quanto consuma in una vita uno scimpanzé o un orso rispetto a quanto consuma ognuno di noi, sia in modo diretto che indiretto (cibo, scuole, strade, ospedali, treni, medicine, computer....lista infinita e quantità stratosferiche). Anche se attenti all'ambiente avremo sempre un impatto predatorio talmente forte sulla Terra da far impallidire qualsiasi... orso. E saremo in 10 miliardi fra non molti anni. Dieci miliardi che vorranno avere strade, scuole, cellulari, vestiti, piscine, giornali sui quali scrivere le proprie opinioni, eccetera. Impossibile fermarci. Inoltre pensiamo anche al fatto che se il Trentino è un luogo così bello per viverci, e io ci sto benissimo, non è perché la natura sia protetta, ma è perché lo abbiamo reso un piacevole parco privo di «erbacce» e «animalacci». Dove sta, infatti, il selvaggio, in Trentino? Siamo immersi in una sorta di grande giardino e per questo stiamo bene in questa terra. Ho esperienze in ambienti vergini in alcune parti del mondo e mi impegno a difenderli perché credo sia giusto farlo per proteggere la natura e la specie umana (la storia dell'isola di Pasqua dovrebbe farci da lezione), ma certamente per viverci è più gradevole il Trentino proprio perché depauperato da ogni pericolo e reso vivibile per una sola specie vivente: la nostra. È l'inevitabile destino della nostra specie: consumare e modellare, per poi inevitabilmente scomparire dopo essere divenuti talmente potenti da percepirci come degli dèi. Non siamo esseri innocui (San Paolo). Ed anche solo su aspetti più marginali del rapporto uomo-natura, il dibattito sarebbe lungo, ad esempio: per «amore» degli animali ne abbiamo selezionati alcuni per poi etichettarli come da compagnia, da appartamento, da utilità. Eppure nel selvaggio, là dove ogni essere vivente è semplicemente quello che è, ovvero libero, emergono emozioni che riportano, a fior di pelle, tutto «l'ancestrale» che è in noi e ci fanno comprendere che non potremo mai essere degli dèi. Volenti o nolenti il selvaggio, seppur confinato in aree protette, proprio perché originario e quindi «pericoloso» sarebbe capace di insegnarci a rimanere umili e concreti su aspetti fondamentali della vita e forse ci aiuterebbe pure, se ascoltato, ad evitare la nostra estinzione. Ma è purtroppo lapalissiano che non abbiamo le orecchie giuste per ascoltare le voci antiche della creazione. Rolando Pizzini
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