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Trento, 28 dicembre 2011 Le dichiarazioni del Ministro Fornero hanno riaperto il dibattito sull’articolo 18: purtroppo, più che dare un contributo a una seria discussione, rischia di alimentare confusione e spaccatura nel Paese, anzitutto all’interno della sinistra. Nel Pd sta aumentando la divisione tra chi sostiene la tesi di Ichino, chi la posizione di Bersani, il quale sottolinea giustamente che si tratta sempre di una norma che già oggi non si applica al 95% delle aziende italiane; c’è poi chi si schiera con la posizione più netta e radicale rappresentata da Vendola e la Rifondazione Comunista. La Cgil esprime una posizione contraddittoria, rifiutando perfino la discussione sull’articolo 18, sostenendo che il problema non è quello, senza notare la palese contraddizione tra il definirlo un baluardo a difesa della dignità dei lavoratori (una “norma di civiltà”, dice Susanna Camusso) e il non fare alcunché per estendere tale “norma di civiltà” ai lavoratori che ne sono privi. Basterebbe ricordare che, quando in Italia si tenne un referendum per estendere le tutele dell’articolo 18 a tutti i lavoratori, la Cgil fece la propaganda per l’astensione. Un sindacato responsabile dovrebbe pretendere questa discussione, invece che evitarla, e dovrebbe metterla al centro del dibattito sindacale per condizionarla e guidarla, per superare i 31 contratti di lavoro atipici esistenti in Italia (dati Istat) che hanno avuto il drammatico risultato di aumentare la precarietà del lavoro dei giovani, in modo particolare delle donne. Maurizio Migliarini |
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