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Bolzano, 21 luglio 2009 Mi suscita grande preoccupazione il fatto che i Verdi italiani rischino di scomparire totalmente dalla scena politica nazionale e internazionale. Non siamo più rappresentati nel Parlamento nazionale e non ce l’abbiamo fatta a difendere i mandati nel Parlamento europeo. Certamente, è stata una brutta manovra della maggioranza – assistita da un Pd opportunista – introdurre la clausola di sbarramento. Ma non dobbiamo scambiare gli effetti con le cause. La crisi dei Verdi italiani si profila da parecchio tempo. Invece di riflettere su come ridare un marcato profilo ecosociale al nostro partito ci siamo persi nella ricerca di alleanze di fortuna e qualcuno di noi (verdi) sembra aver ritrovato le sue radici politiche nei raggruppamenti della sinistra. È vero, il nostro movimento è nato lì, Alex Langer e gli altri Verdi della prima ora sono però riusciti a creare un nuovo soggetto politico che ha poi trovato il suo collocamento anche in seno al movimento verde europeo. Se in Europa il movimento verde si rivela oggi una realtà forte e importante, in Italia si rischia di stroncare i resti di un partito che servirebbe più che mai. Parliamoci chiaro: il bilancio delle politiche del 2008 e delle europee di qualche settimana fa per i Verdi italiani è fallimentare. Non solo perché non ci sono stati i risultati. Ma anche – e soprattutto – perché i Verdi hanno perso quell’ultima traccia di profilo ecosociale che erano riusciti a conservare dopo la partecipazione al governo Prodi. Subito dopo le elezioni qualcuno ha pensato di dover parlare di un successo dell’alleanza Sinistra e libertà e ha enfatizzato la costituzione di un nuovo partito. Ha senso dissolvere i Verdi in una nuova sinistra promossa dagli alleati nell’impresa di Sl? Considero giusto trovare una nuova unità della sinistra e ci sono potenziali discreti per uno schieramento che si collochi tra i comunisti e il Pd, ma i Verdi non hanno niente a che fare con questo nuovo partito e devono scegliere una propria strada verso il futuro. Questo non è solo il convincimento dei Verdi sudtirolesi che hanno sofferto molto nello schierarsi con la lista di Sinistra e libertà ma che alla fine sono stati ai patti. Ci sono numerosi altri fautori della causa ecosociale che giungono alla stessa conclusione. La risposta alla crisi dei Verdi è una rifondazione verde. Sulle macerie lasciate da Pecoraro Scanio molto difficilmente potrà crescere qualcosa di verde. Le idee di Langer ruotavano attorno a un movimento verde alternativo in grado di superare le barriere ideologiche segnate dalla distinzione classica tra la destra e la sinistra, cercando intese trasversali con gli altri attori dello spettro politico quando si trattano tematiche ecologiche. Non esiste partito a questo mondo che si riferisca nei propri programmi all’esigenza di creare un mondo più verde. A maggior ragione ci vuole un partito verde forte e dinamico per garantire l’evolversi delle idee verdi al di là dei limiti di carattere ideologico-partitistico e per fornire orientamento e concetti autenticamente ecologici. Anche per smascherare quelli che abusano dell’etichetta verde. Un nuovo partito verde dovrà fare attenzione a evidenziare priorità ecologiche al di là delle barriere ideologiche. Lo schieramento dei Verdi con partiti della sinistra ha avuto l’effetto contrario, quello di limitare le proposte verdi. I Verdi garantiscono una continua attenzione per tematiche che spesso esigono soluzioni trasversali, interessando le più svariate componenti politiche e sociali. La loro fusione con altri partiti indebolirebbe questo ruolo fondamentale. Ciò non preclude cooperazioni – anche complesse assieme ad attori e attrici dell’intero spettro ideologico – con un chiaro limite: non ci può essere cooperazione con estremisti, di qualsiasi ideologia essi siano fautori. Propongo pertanto di sciogliere la federazione dei Verdi e di lanciare un progetto che ha per obiettivo la costituzione di un nuovo partito verde in Italia. La cui costituzione dovrebbe essere il risultato di un processo di due o tre anni che vedrebbe il rafforzamento e la nascita di tanti movimenti regionali, alleanze con ambientalisti e rappresentanti della società civile orientati ai criteri della sostenibilità ecologica, economica e sociale attivi contro le degenerazioni dell’attuale politica, quali grandi progetti infrastrutturali, il potere dei gruppi economici transnazionali oppure rimedi che cercano di rattoppare gli errori del passato con metodi del passato. Sepp Kusstatscher
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