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Ricordiamo tutti che si parlava di scorie di acciaierie, materiali da demolizione, terre da bonifica non conformi provenienti da impianti di distribuzione di idrocarburi. Ora, pare che la partita si riapra, dato che la Provincia di Trento ha deliberato, come uno degli ultimi atti della precedente giunta nel luglio scorso, che tale discarica possa riprendere l’attività. Nelle attività che la società Sativa propone nel progetto di riapertura, vi sono alcuni codici del CER (Codice Rifiuti Europei) che identificano alcune delle medesime macro famiglie degli eventi infausti di oltre dieci anni fa. Un esempio, citato dalla relazione della società, riguarda proprio le codifiche dei materiali residui dalle fusioni delle acciaierie. Ora, appare chiaro ed evidente che la popolazione, scottata fortemente in precedenza, possa legittimamente nutrire qualche dubbio sulla serietà di questa proposta. Detto questo, cosa rimane da fare? Bloccare la delibera di giunta provinciale, con un’altra delibera contraria potrebbe essere un’operazione politica coraggiosa, che darebbe il segno di una svolta ambientale credibile. Però, avrebbe dei costi salatissimi, poiché aprirebbe la partita delle richieste di rimborso da parte della società, che impegnerebbero parecchi milioni di euro. Un’altra soluzione possibile potrebbe essere quella di limitare il conferimento di soli materiali inerti da rocce da scavo (tunnel del Brennero?); così facendo la buca sarebbe riempita, la frana arrestata; però, anche qui, la società avrebbe da ridire, poiché questi materiali hanno un mercato e non si vuole finiscano in discarica; togliendo alcuni codici pericolosi, dunque, la società potrebbe essere disincentivata a proseguire nel progetto di apertura del sito (avrà il coraggio chi analizza la VIA?). Oppure, c’è un’altra strada, coraggiosa. L’attuale discarica è classificata, nel PRG vigente proprio come ”Di” , discarica appunto; è confinante con un’area classificata come “ARA” – Area di Recupero Ambientale. Siamo in fase di arrivo della variante del PRG di Trento, che verrà approvato in prima battuta nel luglio prossimo. La proposta potrebbe proprio essere quella di mutare la definizione da “Di” a “ARA” anche sul sito in oggetto. In un’area adibita a recupero ambientale non si possono portare materiali diversi da quelli idonei allo scopo del recupero stesso, quindi si potrebbe sanare la questione. Si potrebbero anche qui aprire contenziosi con la società? Molto probabile, però, se da una parte qualcuno vanta interessi legittimi, dall’altra rimangono i costi di una bonifica da effettuare che non può rimanere solo a carico del pubblico. Ora credo che la politica debba prendersi la responsabilità di aver lasciato dormire la situazione per tutti questi anni e, di conseguenza, attivarsi per definire la questione ridando pace e tranquillità alla popolazione di Sardagna. Credo anche che solo con i fatti si possa dire di voler cambiare sistema, di voler rispettare l’ambiente e di voler progettare un futuro sostenibile. Politicamente un segnale diverso lo si deve dare; quindi, Provincia e Comune possono collaborare fattivamente; il Comune potrebbe approvare una variante al PRG che declassifichi la zona, la Provincia potrebbe trovare un accordo con la società per un’uscita dignitosa, magari anche calcolando i danni da bonifica che deve ancora essere realizzata. Chissà che qualcuno in consiglio non presenti qualche emendamento al PRG proprio in tale direzione? E vedremo chi percorrerà strade innovative votandolo.
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