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Lavis, marzo 2004 Ho conosciuto Elisabetta e Flavio nel 1989, con i loro figli Silvia e Piero, in occasione dell’acquisto di quella che era casa loro e che per i successivi 12 anni sarebbe stata mia abitazione. Un’alloggio modesto, ma l’acquisto dello stesso è avvenuto grazie alla loro disponibilità e fiducia, e così è nato tra di noi un rapporto di stima, poi di amicizia. Pur essendo Lavis una borgata con prevalente carattere popolare, quasi uni sobborgo urbano da lavoratori, con latente conflitto tra gli autoctoni e coloro che vi sono emigrati di recente, possiamo dire che di famiglie non “allineate” ce ne sono poche. Flavio ed Elisabetta erano invece persone di seria impostazione laica, che educavano i figli in modo sobrio, con una vita semplice, quasi bucolica, coltivavano l’amore per la libertà (il mito degli anni sessanta), ma con il rispetto delle persone, della loro cultura, compreso la considerazione dei luoghi dove vivevano. Amavano essere aperti e disponibili, usando la loro “buona volontà” per cose che li portavano a conoscere meglio la vita. Alcuni segnali esteriori (tra il somatico e il comportamentale) lasciavano chiaramente a intendere da che parte stavano e come la pensavano, quindi il giro di amicizie e di persone che frequentavano. A metà anni novanta Elisabetta scelse di “entrare” in politica e lo fece con il suo stile: restando quella che era, con genuinità e convinzione. Divenne subito Assessore alla Vivibilità in un clima di non facile convivenza con i partner di coalizione, di approssimativa definizione delle competenze in una distribuzione di compiti con frequenti sovrapposizioni, in un clima di scarsa condivisione delle cose da fare, ma soprattutto del modo in cui farle. La sua sensibilità e paura di non arrecare danno Le facevano vivere con una sofferenza tutta interna il conflitto tra agire e non agire, ovvero con un approccio che partiva dai propri limiti anziché dalla mancanza da parte degli altri di trovare una soluzione ai problemi della collettività lavisana considerando le istanze della qualità della vita. Era motivata ad introdurre il nuovo, il meglio, la qualità stando attenta a rispettare le consuetudine, rispettare le cose e le persone nella loro tradizione. Elisabetta dibatteva al suo interno le cose da fare, i limiti e la legittimità dell’agire di pochi politici che scelgono spesso sulla testa dei molti cittadini, su come impostare il rapporto con gli altri, sulle difficoltà di introdurre l’approccio sensibile alla cosa pubblica mettendo prima del proprio interesse quello della comunità. “La comunità prima dell’individuo” era lo spirito che Lei riteneva dovesse essere il motivo ispiratore dell’intera macchina comunale, a partire dagli amministratori per arrivare ai funzionari. Nel corso del 1997-98, per volere dell’Assessorato di Elisabetta, il Comune di Lavis si è dotato de “Il programma degli interventi per tranquillizzare Lavis”. Questo lavoro che, può essere ricondotto ad una progettazione partecipata e seguito passo per passo personalmente da Elisabetta, ha avuto vari momenti di confronto con tanti soggetti della società locale: con il gruppo che sosteneva la lista di maggioranza comunale (intesa progressista), con alcuni soggetti significativi della realtà locale (vigili del fuoco, portatori di handicap, università della terza età, scuola elementare, ecc.), con i principali soggetti amministrativi del comune (ufficio tecnico, vigili urbani, carabinieri, redattore del PUT, ecc.), ma soprattutto con la Giunta comunale e con gli altri Assessori di quella amministrazione. Un percorso di progettazione che aveva privilegiato il seminare cultura e informazioni in tutti coloro che erano interessati al realizzare opere pubbliche, ma che si faceva carico di avviare la realizzazione di marciapiedi, attraversamenti pedonali protetti, limitazioni alla velocità delle macchine in paese, alle riconduzione del traffico entro un ambito di tollerabilità. Passando dal Piano alle realizzazioni gli scontri per calare nella realtà e nella prassi quotidiani i concetti sviluppati e le priorità definite divennero veri difficili scogli da superare con tenacia e puntiglio. Ricordo il vivace dibattito per realizzare la rotonda di Piazza Rosmini, i difficili confronti per fare le strettoie di via dei Colli e di via Paganella, le denuncie e gli scontri verbali per le bande rumorose di via Rosmini e di via Filzi, ecc. Il tutto iniziò con il disegnare per terra le righe di definizione degli spazi pubblici (pedone, automobilista, ecc), restituire ai vari utenti degli spazi pubblici superfici di pertinenza, regole di convivenza in un abitudine di uso degli spazi pubblici di rango paesano. Elisabetta ha sempre preteso realizzazioni di opere pubbliche coerenti con gli obiettivi condivisi dall’intero gruppo di maggioranza e nel suo agire ha aperto speranze di miglioramento della realtà lavisana. Personalmente ritengo che Elisabetta ha aperto una vera strada di cambiamento del costume amministrativo locale ed ha rappresentato una finestra su un mondo migliore. Peccato che ci abbia lasciato. Fulvio Forrer |
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