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Trento, 29 agosto 2013 Con il cambio di clima, non solo in senso meteorologico, le cicale hanno smesso di frinire ed è il momento delle formiche, ovvero dei pazienti costruttori di convivenza a tutti i livelli, in vista di un autunno che sarà fra i più duri della nostra storia recente. A prescindere da quanto accadrà al governo delle larghe intese Letta-Alfano dopo il tifone berlusconiano (pare che anche Eugenio Scalfari cominci ad avere qualche dubbio sulla tenuta del governo) la macchina elettorale per la nostra regione si è messa in moto dando per scontato che gli accadimenti romani influiranno poco o nulla sulle vicende locali. Un tema su tutti, quello delle sorti della Regione, dopo che il governo ha dato il via al procedimento di riforma costituzionale per la soppressione delle provincie, pare non trovare la giusta attenzione delle forze politiche locali. I nostri cugini di Bolzano, di fronte all’anomalia del solitario permanere in Costituzione delle sole nostre due provincie, si sono già espressi attraverso il loro governatore: si dia vita a due regioni e la si faccia finita con l’assetto voluto da Degasperi nel 1948. Errore esiziale, quello compiuto da Durni, anche se a fini elettorali può esser spiegato come tentativo di frenare l’avanzata della destra tedesca; non esiste nemmeno per il bundesland Sudtirol un futuro di crescita e progresso al di fuori di una cornice regionale, dato che solo dalla buona pratica della convivenza fra gruppi linguistici entro i confini dello Stato italiano può venire dall’Europa un riconoscimento della specialità autonomistica dei nostri fragili territori prealpini. Torna di stretta attualità il messaggio che Alex Langer aveva lanciato negli anni in cui vedeva la luce il secondo statuto d’autonomia: costruire ponti fra le tre comunità linguistiche e non creare muri. Un muro a Salorno, solo apparentemente finirebbe per salvaguardare le prerogative di autogoverno della provincia a noi vicina, anche con il riconoscimento di uno status di piccola regione alpina: per Trento poi, il destino sarebbe quello dell’assorbimento in una indistinta regione delle prealpi venete a cui già i geografi italiani guardano, con la loro ipotesi di raddoppio delle attuali regioni. Il diverso sistema elettorale fra le due provincie di Trento e Bolzano non favorisce attualmente la crescita di un comune sentire fra le forze politiche che operano nei due territori, per cui sarebbe urgente inserire nel programma del centrosinistra autonomista trentino per la prossima consigliatura una ripresa del ruolo dell’assemblea regionale ai fini dell’armonizzazione dei due sistemi politici. Un ruolo di primo piano in tal senso potrebbe giocarlo l’area ecologista, portatrice da sempre di una comune visione di salvaguardia e tutela dei due territori. Certo aiuterebbe e non poco una convergente strategia fra gli ecologisti trentini e i verdi sudtirolesi, che causa anche i differenti sistemi elettorali non potrà produrre i sui effetti già con le elezioni alle porte. Sulla necessità che si operi in stretto contatto non vi possono essere dubbi: ripensare ad un progetto di università regionale, ad una comune gestione di parchi naturali contermini, alla salvaguardia dell’acqua come bene comune, al rilancio della vocazione agricola e turistica dei territori, insieme ad una comune politica sulle vie di comunicazione e sulle reti informatiche è il compito che spetta ai futuri consiglieri regionali. Di fronte a simili ardui compiti sarebbe esiziale che subisse una sconfitta elettorale il centrosinistra autonomista trentino, che pur fra non poche incertezze ha improntato la propria azione in questi anni sul dialogo e la condivisione con i vicini sudtirolesi. Solo un’affermazione del centrosinistra con il conseguimento del premio di maggioranza potrà creare i presupposti per una più robusta intesa regionale, e sarebbe bene che a tal fine si riducesse ai minimi termini la schiera degli indecisi, la cui consistenza è andata pericolosamente ingrossandosi negli ultimi tempi. Vincenzo Calì |
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