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Trento, 14 gennaio 2004 La preoccupante fase di pre-dissesto economico, di tensione sociale e politica, di crisi climatico-ecologica del nostro paese sembra non toccare il Trentino e, men che meno, Trento-città nelle riflessioni di fine anno dei nostri amministratori (ultima quella del sindaco Pacher, l´Adige, 31 dicembre 2003). Tutto appare tranquilla, «prestigiosa» routine. Eppure il capoluogo sta preparandosi a fare (o non invece a subire?) una serie di interventi infrastrutturali ed edilizi che a qualcuno suggeriscono il parallelo con le trasformazioni del primo Cinquecento e del secondo Ottocento, prese inoltre per buone, acriticamente. Ma "l´urbanistica in primo piano", che il sindaco declama come garanzia di "riqualificazione urbana" si riduce nelle sue stesse parole allo "investimento su nomi di progettisti prestigiosi". Sono in campo infatti Joan Busquets, Renzo Piano, Mario Botta, lo studio Ishimoto, Vittorio Gregotti e altri meno noti - e soprattutto vasti terreni (si direbbero «tenute») in posizioni cruciali nel centro urbano e ipotesi di collegamento viario e ferroviario da capogiro. C´è chi si compiace - come l´ex sindaco Adriano Goio - e vede un centro storico risalito da 300 a 1.500 residenti (ma nella realtà è sceso dai 3.385 del 1981 ai 2.643 del 1991) e la futura stazione felicemente ´spostata´ a Piedicastello: il che complicherebbe o annullerebbe l´attivazione a breve termine della tanto attesa metropolitana di superficie, e si scontrerebbe col recupero di vivibilità auspicato dal maltrattato quartiere. C´è chi non sta in sé dalla gioia - come il vicesindaco Alessandro Andreatta - per ciò che considera il proprio parto, e vede anzitutto "il verde in primo piano" alla ex Michelin (beato lui) e perfino lungo il boulevard soprastante la ferrovia interrata, il cui disegno prospettico, per mano di Busquets, mostra un bel condominio che lo affianca. C´è chi molto più concretamente somma metri quadri e metri cubi, preparandosi finalmente a "cantierare e realizzare", espungendo fantasie da sognatori (come servizi culturali e spazi pubblici), ovverosia "oneri impropri al profitto d´impresa", lasciandoli generosamente agli enti pubblici e cioè all´erario pubblico. C´è naturalmente "il grande progettista", che da professionista esperto ascolta le chiacchiere e i desiderata dei "non addetti ai lavori", contribuendo poi con particolare brillantezza e fascino del disegno al volere della committenza, che di questo lo ha incaricato. Ciò premesso rivolgo al sindaco qualche riflessione-quesito, da cittadino insufficentemente informato e tagliato fuori (sia pure meno di altri) dalla possibilità di sapere, capire, contare, incidere. 1. Qualcuno ricorda il tempo in cui un Piano urbanistico provinciale (Pup - con pregi e difetti) aveva un responsabile politico a nome Bruno Kessler, la mente urbanistica di Giuseppe Samonà, il computer economico di Nino Andreatta? I quali non parlavano politichese, ma italiano comprensibile, nonostante la difficile materia, e presentavano carte e conti su cui potevano misurarsi e discutere anche le più minute amministrazioni. 2. Ebbene, anche la città di Trento - dall´adeguamento del proprio Piano regolatore allo stesso Pup (nel 1967/68) fino alla sua revisione curata da Marcello Vittorini (intorno al 1990) - ha avuto leggibilità complessiva e relativa trasparenza, nelle scelte strategiche e nelle destinazioni d´uso. Oggi tutto questo è dimenticato, sostituito da una miriade di spezzoni di piano, di varianti, di anticipazioni, di progetti in evoluzione, di studi preliminari, a partire dallo pseudo-concorso sull´area ex Michelin, che l´ha segregata dal contesto urbano e sociale, e del tutto privatizzata. 3. Proprio allora il Comune promosse - attraverso la équipe di urbanisti Bocchi-Miori-Zanon, di cui non si sa più nulla - la "casa della città". Delle proposte di "Iniziative urbane" i cittadini non potevano capire granché; ma vi fu la promessa di rendere permanente l´informazione per tutti. Che ne è di tale impegno; dov´è oggi il luogo (la casa) che espone le carte e i progetti, spiega le oscurità, chiarisce i dubbi, fornisce documentazione sullo stato e sul futuro della città, dei quartieri, degli isolati, della viabilità, del verde, dei servizi - come fanno fin dagli anni ´60 le città olandesi, inglesi, francesi, tedesche, scandinave? 4. Concludo con qualche domanda terra-terra, preliminare a qualunque confronto serio. (a) Di quanta cubatura residenziale abbisogna nel breve e nel medio periodo la città di Trento? (b) Quanta ne prevedono separatamente e complessivamente le grandi aree in via di riassetto e le iniziative private (e pubbliche, se esistono) corrispondenti, e a quali costi? (c) Di quanta superficie coperta si amplierà la città mediante le "grandi opere pubbliche" - tra cui il nuovo ospedale, il nuovo carcere, il nuovo stadio -, come verranno collegate al sistema di trasporto pubblico e come saranno riutilizzate le relative aree dismesse? (d) Che tempi di realizzazione sono previsti per la attesissima metropolitana di superficie e quale tracciato seguirà sul fondovalle? (e) Infine - rinviando ad altra occasione la drammatica quanto disconosciuta tematica ecologica -, con quante imprese e quanti operai si potrà credibilmente sostenere nella piccola Trento, un ventaglio di opere così consistenti quali il trionfalismo di questi mesi sta vantando? Sandro Boato
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