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Trento, 6 dicembre 2000
TRENTO: PIU’ CEMENTO O PIU’ VERDE?
Due convegni sul nostro futuro
di Sandro Boato, Stefano Cavagna, Sonia Cian, Giorgio Pedrotti, Furio Sembianti

Per una sfortunata ma anche colpevole coincidenza, lo scorso fine-settimana (1 e 2 dicembre) si sono tenuti due convegni di grande interesse, uno sull’ "Acqua nel bacino del Mediterraneo" – promosso dall’Assessorato all’ambiente della Provincia e dal Centro internazionale Civiltà dell’acqua –, l’altro sulla "Città e il fiume" – promosso dalla Spa Iniziative urbane e dal Comune di Trento.

Questa sovrapposizione ha impedito uno scambio quanto mai necessario di competenze e di sensibilità, tra situazione ecologica – in particolare del bacino dell’Adige – e sviluppo urbano, oggi in discussione alla vigilia delle "varianti" al Piano regolatore del capoluogo provinciale.

Tra i numerosi spunti del primo convegno l’informazione sul degrado delle acque in tutta Europa, che una recente ricerca svizzera, riportata dal professore tunisino Larbi Bouguerra, consulente dell’Organizzazione mondiale della sanità, registra con l’allarmante segnale della generale non-potabilità dell’acqua piovana.

Ancora in negativo la constatazione che l’iniziativa della Organizzazione non governativa Cospe, nell’Africa subsahariana, è costretta a riparare i danni ecologici, economici, sociali provocati dalle "grandi opere", come le dighe, realizzate da imprese europee, che lasciano nella desolazione e nell’impoverimento l’ambiente e la popolazione rurale.

Un segnale assai positivo viene invece, fra altri, dal lavoro di recupero ambientale ed economico di un’ampia area-bacino del fiume di risorgiva Storga, da parte della Provincia di Treviso, mediante la sistemazione di un "parco agricolo" – rispetto e valorizzazione del corso d’acqua, selezione delle coltivazioni, ripristino delle siepi quali essenziali biotopi, piantumazioni arboree naturalisticamente orientate –, anche con buona sensibilità estetico-paesaggistica.

Nel secondo convegno gli apporti positivi sono venuti dall’estero, mentre il dibattito sul "che fare" dell’area ex Michelin appare preordinato ed inficiato dal quanto e come costruire – rivendicato dalla proprietà e subito passivamente dal Comune –, come si trattasse di una questione esclusivamente aziendale e non del futuro di una città e dei suoi abitanti.

L’architetto spagnolo-catalano Joan Busquets – relatore di recenti impegnative realizzazioni di "disegno urbano" a Barcellona ed a Malaga – nel replicare al termine del convegno (e pur genericamente incoraggiando l’iniziativa concorsuale), ha confessato di aver "visto Trento dall’alto come una città priva di idee", tale la sua caotica dispersione urbana.

L’area ex Michelin, definibile "di riconversione" dalla precedente attività industriale, offre l’occasione di integrare il sistema del verde urbano con un parco centrale di fondovalle, paragonabile a Gocciadoro (circa 20 ha) ed al futuro parco di Trento-nord (11 ha), e di contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico (clorofilla contro anidride carbonica) che pesa soprattutto sul centro-città, con una bassa nube di smog ben percepibile dalla collina.

Suggerimenti in tal senso sono venuti – a volerli cogliere – dal riassetto del parco parigino di Bercy (60 ha – arch. Pierre Micheloni), dal nuovo piccolo parco lungo-Tago di Lisbona (6 ha – arch. Nunes), dalla straordinaria riconversione e risanamento della regione industriale della Ruhr (arch. Peter Klonicky) e in particolare dal nuovo parco fluviale dell’Emscher disinquinato – come potrebb’essere l’Adigetto, anche in funzione del nuovo parco urbano-fluviale dell’Adige, con laghetto-piscina derivabile proprio nell’area in discussione –, con attivazione di ecologi, paesaggisti, architetti e artisti diversi.

Gli undici ettari dell’area ex Michelin non sono pochi, ma neppure troppi, per dare una impronta visibile alla Trento del Duemila: recupero di un rapporto fisico-naturale col fiume del centro-città; parco urbano e ricreativo a scala provinciale, anche come attrazione turistica; area di estensione e relazione col Museo d’arte moderna alla Albere – si pensi alle sculture en plein air delle piazze di Barcellona o dei percorsi e spazi pedonali della nuova Ruhr, si pensi alle esperienze di "arte-natura" anche in Trentino.

Ciò che manca è la disponibilità del suolo da parte di un ente pubblico lungimirante, ovvero – perché no? – la lungimiranza di un gruppo di operatori economici che sappia vedere l’economicità di medio periodo anche di una iniziativa naturalistica, ricreativa e culturale a grande scala. Il recente Museo d’arte moderna Guggenheim, per esempio, ha inciso in modo determinante sull’economia della città basca, ex industriale, di Bilbao.

Ma oltre al Mart, Trento (e Rovereto) ha la potenzialità di un Museo delle Alpi (o se si preferisce delle Dolomiti), con specifica attenzione al sistema idrico, da far vivere sulle sponde dell’Adige, integrato in un parco fluviale.

 

      

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