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Trento, 17 maggio 2011 La raccolta è un omaggio alla città natale dell’autore alla sua storia e Ha visto le stampe lo scorso 25 aprile, il giorno della Liberazione, la nuova raccolta del poeta trentino/veneziano Sandro Boato. Non si tratta, probabilmente, di una casualità. Forse con quella data l’autore ha voluto sottolineare anche nel simbolo del giorno di edizione la «resistenza» che oggi caratterizza ogni poeta, in ogni poesia che scrive, in ogni raccolta che pubblica. La raccolta di Boato ha un titolo in veneziano «Co rivo rivo», è pubblicata in proprio (chissà forse un gesto di protesta verso editori sempre più disattenti al mondo della poesia) ed è costituita da settanta composizioni in italiano ed in veneziano (la madre lingua dell’autore) scritte nell’arco dell’ultimo trentennio e dedicate al tema della «città d’acqua», ovvero Venezia. «Questa raccolta – scrive l’autore nelle note introduttive – vorrebbe essere nello stesso tempo: un omaggio alla mia città di formazione e velatamente alla sua storia e alle residue presenze linguistiche, ecologiche e culturali nei dintorni lagunari, terrafermieri e marittimi; una forma di resistenza al depauperamento dell’idioma, alla sua italianizzazione televisiva, alla marea turistica plurilingue e alla perdita demografica soprattutto giovanile; la sottolineatura di una forma di vita e di un ambiente rasserenante, rispetto alla follia suicida degli umani, e presumibilmente unico; un sollecito alla dimensione civile della poesia, a fianco della lirica, dell’epica e della satira». Il libretto, illustrato in copertina da due opere di Matteo Boato, è diviso in dodici sezioni che affrontano prospettive diverse sulla Serenissima: dal gioco tra «aqua e tera» alla «luse de sol», dalle «màscare e vose» alle «ciése e canpane». Quasi tutti i componimenti sono costituiti da liriche brevi come il sonetto e lo haihu e si caratterizzano sia per la grande pulizia formale, sia per l’attenzione prestata dal poeta al ritmo e alla musicalità dei versi. In filigrana è possibile intuire l’influenza e la conoscenza degli ultimi grandi della poesia italiana – da Montale a Caproni – e delle avanguardie poetiche degli anni Sessanta, in particolare dei «Novissimi». Il risultato è una raccolta che riesce con molta efficacia a mettere assieme frammenti di poesia lirica con quadri realisti della città veneta: «La laguna xe un ogio | el sol infissa foghi | come ànare i cocài | sta a mòge | lassàndose portàr | da la magra de fora | là dove core el me pensièr in fuga». Dentro le prospettive seducenti di Venezia, il poeta cerca nel verso poetico lo spirito autentico di una città che vuole vivere al di là dei luoghi comuni, del carnevale e dell’oggetto turistico ad ampio consumo: «Venessia cossa xelo sto silenzio | de aqua straca che piàn piàn su | quel siélo griso, basso che coverze | co fa na tenda granda su ‘l merca’ | (…) e quéla luse in campo sedmagada | che la me par ciamàr… àneme morte?». Nelle liriche Boato non manca di ricordare alcune esperienze tragiche della città, come il drammatico rogo del Teatro La Fenice, bruciato in un incendio doloso il 29 gennaio 1996: «Le voci del passato | il fuoco ha spento | insieme al legno e all’oro del teatro | e il vuoto è entrato col rimpianto e il pianto | ed è restato». Il poeta riesce anche a disegnare con rapide pennellate gli scorci che hanno reso Venezia la città più struggente del mondo: «El sol calando impissa | misera de lumini | sora l’aqua ingrespada | del bacino: | al barcariòl | dopia luse e calór». Ma anche in Trentino c’è un po’ di Venezia. E Boato non lo dimentica, contemplando nella raccolta una poesia dedicata alla città di Rovereto, per molto tempo sotto l’influsso politico e culturale della Serenissima: «A monte stretta | tra incisioni precipiti | il dirupo santuario | e rocce e cielo all’apice. || A valle | da ove Castello e Leno | si baciano | allarga l’anima | il verde, il panorama | le voci vibrano | le mani stringono | e scende | la memoria del tempo | dalle piazzette all’Adige || tra un calor veneziano | e un trentino riserbo».
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