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Trento, 4 ottobre 2010 Il bosco prealpino alterna e talvolta mescola aghifoglie tendenti al freddo e latifoglie propense al caldo. È la varietà che soprattutto d’autunno sparge tinte diverse e cangianti, a seconda delle tipologie dei due insiemi, e rende affascinante anche il monte più modesto e ‘ritirato’. La dorsale montana sovrastante da oriente alla città fondovalliva ha queste caratteristiche, per l’ampia e varia copertura forestale e suggerisce ai forestieri di passaggio l’immagine di un’area verde godibile - quasi di un parco naturale ai margini della periferia urbana. La situazione non è però statica e il mosaico vegetale multicolore mostra diverse smagliature, sempre più in alto: nuovi edifici e vecchi ingranditi spuntano qua e là come enormi funghi, ma eliminando ogni traccia di alberi al loro intorno. È in corso non solo la appropriazione del suolo, ma anche dell’acqua, in barba alla presunzione politica che essa sia un bene pubblico, ed inoltre il deterioramento del paesaggio. Mariella e Simone, da qualche anno residenti in una frazione collinare ai confini del bosco s’incamminano su un sentiero che - nel ricordo di una bella passeggiata dopo il loro insediamento - correva orizzontalmente qualche centinaio di metri al di sopra del paese minuto. La casa che incontrano all’inizio del percorso, la ricordano; nuova allora, adesso apparentemente disabitata, con intorno una recinzione metallica, che preclude il passaggio sic et simpliciter. Segue a pochi passi un’altra casa non ancora finita, che accentua la sensazione di porta degli Inferi, del ‘di qui non ai passa: pericolo!’ I due però non si perdono d’animo e ritrovano la traccia del sentiero, pur coperta a tratti da sterpi, ramaglie e fogliame. Più avanti, all’attraversare una roggia, mucchi di sassi e pietrame ostacolano fisicamente l’andar oltre e rendono più arduo ritrovare il cammino. In successione numerosi altri intoppi appaiono inequivocabilmente intenzionali, e in qualche caso anche pericolosi come trabocchetti. Mentre la coppia s’affanna a farsi strada sul lato a monte si notano numerosi tubi di gomma, che derivano acqua da sorgenti e ruscelli, sottraendola a rogge e valloncelli naturali. Per portarla dove? La prima risposta viene da una improvvisa spianata a valle, dove si erge un villone da poco finito, in pieno bosco - tagliate tutt’intorno le piante d’altofusto, per farlo vedere nella sua sproporzionata altezza e nel cattivo gusto. Altre risposte vengono da enormi cisterne interrate nelle vicinanze: una verso monte, una verso valle. L’acqua dunque, insufficente nelle rogge - e d’estate completamente assente - risulta privatizzata, in barba a qualunque principio di eguaglianza, di solidarietà, di sostenibilità ecologica. Ed è l’ultima parte del (l’ex) sentiero, non più impedito agli amanti della natura ed agli escursionisti, bensì sopraffatto dalla strada “necessaria” alla costruzione recente, probabilmente a spese del comune, cioè di coloro cui viene sottratto anche il diritto al passeggio - o al passaggio. Il sentiero scomparso è un fatto casuale o non invece l’esempio di una situazione ormai generalizzata? |
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