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Trento, 2 agosto 2017 Nel luglio appena passato – forse per un tacito accordo amicale sconosciuto agli umani, o forse per l’esito fortunato di un primo collegamento informatico – si è diffuso l’allarme: “Gli umani stanno distruggendo la Terra. Che fare?”, firmato Animaux sans frontières. Noi umani invece – molto propensi alle armi, al cemento e al petrolio, alle banche e alla borsa – ignoriamo il ruolo e la stessa esistenza degli animali. Ne ignoriamo il ruolo e quasi l’esistenza, appunto, e non ci aspettiamo nulla di interessante da questo lato, salvo il depredarne le parti redditizie fino alla sparizione della specie. Tra queste il prezioso olio di squalo e il ricercatissimo avorio. A tale proposito è giunta notizia che in una regione dell’Africa sudorientale un elefante, incattivito dall’uccisione della sua compagna, ha aggredito il cacciatore responsabile, che non potrà più vantarsi delle sue bravate mortali. C’è poco da illudersi, di fronte al caos mondiale odierno, all’egoismo senza limiti dei super-ricchi e all’insofferente turbolenza dei poveri, non possiamo sapere se finiremo prima noi umani o gli animali nella sesta grande estinzione in corso sulla Terra, innescata dalla nostra follia suicida, mediante l’inquinamento crescente delle acque dolci e salate, l’atmosfera urbana resa irrespirabile, la distruzione delle foreste e degli habitat più vitali. Si segnalano comunque tre piccoli episodi attuali in controcorrente, il cui significato va oltre la legittima vendetta dell’elefante sul cacciatore e quella analoga del toro in una recente corrida in terra iberica, mortale per il torero. Il cavallo Tornasol, tra i concorrenti con relativo fantino al Palio di Siena non ha voluto partecipare alla durissima e pericolosa competizione, rimanendo in posizione di evidente rifiuto per oltre un’ora. Il pubblico allibito ed i promotori della competizione hanno compianto lo stato di stress dell’animale, esorcizzando così la inaspettata forma di protesta, cui molti altri equini del mondo aderirebbero volentieri. Un cane di bell’aspetto, ma del tutto svestito e privo di documenti, ha superato senza affanno l’ingresso aperto di una sala da concerto di Smirne, terza città della Turchia, attratto dalla bellezza del suono degli archi in una composizione di Tchaikovski. Ha percorso il corridoio centrale per tutta le sua lunghezza, accostandosi al parterre dell’orchestra e fermandosi a lato del primo violino, senza aprir bocca fino al termine del pezzo. E’ uscito poi come era entrato alla libera condizione di randagio, termine improprio questo per un animale rivelatosi sensibile più di molti umani. Il gatto Stubbs dal pelo liscio e dal colore nocciola chiarissimo nello stato dell’Alaska (Stati Uniti d’America) ha concluso la sua vita oltre i vent’anni; vita esemplare per i cittadini di Talkeetna (realtà che conta 900 residenti) che, in una simbolica elezione poco dopo la sua nascita lo fecero sindaco, in polemica con gli amministratori “umani”. Ebbe un ruolo da mascotte, ricevendo e dando sotto forma di affetto senza presumere o agognare una carriera, che spesso confonde e squilibra gli aspiranti, e diventando un’attrazione turistica. Un gatto, un cane, un cavallo: tre animali che ci insegnano qualcosa sulla convivenza, sulla musica e sul coraggio del NO quando occorre. Un sano istinto che forse noi umani stiamo perdendo. Sandro Boato |
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