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Trento, 16 settembre 2011 Giungono in questi giorni a chi segue l’attività del Museo storico del Trentino due quaderni della rivista quadrimestrale Altre Storie: il numero 34 del gennaio/aprile 2011 sulle «Forme della censura» e il numero speciale del settembre 2011 sul «Concilio di Trento». Il primo fascicolo è introdotto da Marcello Farina che distingue due forme di censura rilevanti e diffuse. L’una che storicamente colpisce dall’esterno persone considerate «pericolose» per un determinato assetto sociale o potere politico. L’altra più subdola e meno evidente, riscontrabile quasi dovunque oggi, specie in Italia, è l’autocensura, segno di conformismo e di sudditanza proveniente dall’interno di ciascuno. Seguono documenti e ricerche su una casistica varia e interviste tematizzate, dove si legge anche – a proposito della libertà di stampa – «per fortuna in Trentino certi meccanismi censori non esistono». Ma è proprio l’altro fascicolo che tratta del Concilio di Trento a smentire paradossalmente tale certezza, coll’ignorare platealmente lo storico per eccellenza del Concilio, conosciuto e stimato nell’intera Europa, Paolo Sarpi, e il suo capolavoro Istoria del Concilio Tridentino. Di cui nell’intero numero speciale non appare neppure il titolo. Soltanto in una proposta di lettura (a pagina 17) di «una introduzione storica al Concilio» stesso di Adriano Prosperi viene citata en passant «la grande opera di fra Paolo Sarpi», senza specificazione alcuna né motivazione della clamorosa assenza. Non volendo minimamente sminuire il contributo dello storico tedesco Hubert Jedin (morto nel 1980) e quello dello storico italiano Paolo Prodi – l’originalità di Paolo Sarpi sta nell’aver individuato le «cause e li maneggi d’una convocazione ecclesiastica nel corso di ventidue anni» (quanto durò la tormentata vicenda del Concilio). Snodo storico questo ove confluisce gran parte della vita europea del secondo Cinquecento. E sta inoltre nel documentare – insieme al succedersi talora convulso dei lavori conciliari – le figure maggiori del suo tempo (papi, cardinali e prelati, sovrani, diplomatici ed ambasciatori, personaggi influenti ed oscuri d’Italia, ma anche di Germania, Francia, Spagna, Olanda, Inghilterra) e gli episodi di gran rilievo nelle società eccezionalmente interferenti proprio grazie al protrarsi dell’evento conciliare. Nel 1616 sir Henry Wootton, ambasciatore inglese a Venezia scrive di aver letto il manoscritto della Istoria del Concilio Tridentino: «Esso contiene molte rarità fino ad allora sconosciute e certamente sarà di grande beneficio alla Chiesa di Cristo qualora sia pubblicato sia in italiano che in latino». Il 22 novembre 1619 la Istoria viene messa allo Indice dei libri proibiti dalla Inquisizione ecclesiastica. Un caso esemplare di censura dall’esterno dunque; ma con l’integrazione della più moderna e attuale autocensura.
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