archivio generale articoli, lettere, comunicati e interviste dalla stampa | ||||||||||||||||||||||||||
ANNI: |
|
|||||||||||||||||||||||||
|
Trento, 9 ottobre 2008 Egregio direttore, Internet è entrato a far parte ormai della quotidianità di due/tre generazioni e molti studi sono già stati fatti su quanto questo abbia influito sul nostro modo di relazionarci con noi stessi e con gli altri. La tecnologia in generale tende a «sopraffarci e controllarci» se non la conosciamo abbastanza bene da saperne fare buon uso. Ed è proprio qui che Alberoni a mio avviso fa centro: i giovani hanno tutte le capacità per «guidare e sfruttare» gli strumenti digitali, da qualche anno a disposizione di tutti. Per loro il mondo del possibile esiste ancora, proprio grazie a questi nuovi modi di vedere, di ascoltare, di parlare... di telecomunicare, ovvero di comunicare a distanza. È dunque auspicabile che le nuove generazioni non diventino schiave della tecnologia ma, avendoci convissuto da sempre, sappiano conoscerla, e contemporaneamente apprezzarla e temerla. Come diceva Marshall McLuhan, sociologo canadese del secolo scorso, «i media sono l'estensione fisica dell'uomo», hanno la grande potenzialità di estendere e potenziare le facoltà umane, di metterci in relazione anche se separati da distanze, grandi o piccole esse siano. Sapendone fare buon uso, è possibile immaginare un'inclusione efficace di diversamente abili e anziani nella società, pensando e disegnando interfacce semplici e naturali per comunicare con familiari e amici; modalità nuove di incontro e confronto progettando tavoli virtuali per la creazione di storie e esperienze a più mani, quindi perfettamente utilizzabili per l'elaborazione dei conflitti; o ancora per supportare la comunicazione e alleviare l'isolamento di malati gravi dando loro la possibilità di esprimersi con modalità tecnologiche innovative quali i soli gesti o il solo sguardo. Dovremmo iniziare dunque a parlare dell'ecologia dei media e comprendere come questi possano aiutarci a migliorare la qualità della vita. Giulia Boato Gentile dottoressa Boato, Fu un'amica ad aprirmi gli occhi: «Mia nonna non aveva il frigorifero, ma non per questo io devo farne a meno. L'importante è sfruttare la tecnologia, non esserne succubi o diventarne schiavi». Questa è diventata la mia regola di comportamento. Ho iniziato molto presto a usare i computer (che alcuni miei colleghi del tempo chiamavano «le macchinette») e internet, ma non mi sono mai preoccupato di sapere tutto di hardware o software. Parto sempre dalle mie necessità e cerco di trovare il modo per soddisfarle al meglio. L'obiettivo, quindi, è di migliorare la qualità della vita, come lei giustamente propone |
| ||||||||||||||||||||||||
© 2000 - 2022 |
||||||||||||||||||||||||||
|
|