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Rovereto, 30 aprile 2015 IL TESTO DELL'ESPOSTO PRESENTATO I Verdi chiederanno che sia l'Unione Europea a far luce sulla puzza, e non solo, della zona industriale a Rovereto. Angelo Bonelli, portavoce nazionale del movimento, ha quasi terminato un esposto-ricorso, che lunedì sarà inviato alla direzione centrale della protezione ambiente della Commissione Europea. Chiederà una verifica sugli odori e sulle emissioni delle fabbriche della zona industriale, con la possibilità che il procedimento possa portare ad una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia e del Trentino, la quale, in mancanza di risposte, potrebbe portare ad una condanna, e cioè alla perdita di parte dei fondi europei per la Provincia. Al centro non c'è solo la puzza di Lizzana, si parla anche della Marangoni, ed in particolare del suo impianto che brucia le gomme. I Verdi roveretani, e lo stesso leader nazionale Bonelli, vogliono vederci chiaro sulle possibili emissioni di diossina e furani, sostanze cancerogene le cui tracce, oltre che nell'aria, si trovano anche nei terreni. Bonelli denuncia però la totale assenza di dati Appa, relativi a queste sostanze. Quello che certamente c'è in zona industriale è la puzza, e lo sanno bene a Lizzana: anche questo tema sarà oggetto dell'esposto che arriverà a Bruxelles. Di recente la dirigenza dell'Appa ha detto che non vi è una normativa in materia e non ci sono strumenti di verifica della puzza. «Parole fuori posto - le bolla Bonelli - è vero solo che non esistono dei limiti di legge sugli odori molesti. Il decreto legislativo 152 del 2006 vieta emissioni di sostanze che "ledano la salute umana", il codice penale vieta l'emissione di vapori che abbiano effetti negativi sulla vita delle persone, e questo è ribadito anche nella normativa europea del 2008, recepita nel 2010 dall'Italia. Gli odori si possono misurare, tanto è vero che le Arpa di Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna lo fanno già». Dietro vi è un'accusa alla metodologia applicata dall'Appa, che si muoverebbe (o non si muoverebbe) in base alle indicazioni politiche, e quindi alla Provincia. Ma c'è anche un'accusa al sindaco. «É un pusillanime - dice Mauro Previdi - per la Pasina avrebbe potuto emettere un'ordinanza di chiusura, ma non lo ha fatto perché, pur avendo tutte le ragioni, se la ditta avesse vinto l'eventuale ricorso, ne avrebbe risposto col suo patrimonio personale».
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