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Trento, 21 febbraio 2015 L'abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima dell'occupazione ottomana. In altre parole si è tornati ad una tribalizzazione del territorio. Scomparsi i confini amministrativi, ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere. Non c'è alcun dubbio che Muammar Gheddafi è stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuto intatta la nazione libica, l'ha dotata di un forte esercito e di un' amministrazione effciente al punto che il reddito pro-capite libico era il più alto dell'Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici la fierezza di popolo che non avevano mai conosciuto. A tre anni dal suo assassinio, posto che avrebbe meritato un processo, la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la situazione inviando truppe per organizzare una seconda , micidiale e sciagurata guerra. Nel corso della prima, infausta guerra, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subito danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di euro. Poiché le voci di un intervento militare italiano si fanno frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011, quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di caccia bombardieri per aggredire un paese sovrano, violando gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione. In un solo caso l'Italia può intervenire: nell'ambito di una missione di pace e dietro la precisa richiesta dei due governi di Tripoli e Tobruck che oggi si affrontano con una sterile guerra civile. Ma anche in questo caso l'azione dell'Italia deve essere coordinata con altri paesi europei e con l'Unione Africana. Animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza. Ci appelliamo al nostro ministro degli esteri Gentiloni, affinché non si faccia catturare dai venti di guerra che stanno soffiando insistenti. Ma soprattutto chiediamo a tutto il movimento per la pace e di fare pressione sul governo Renzi perché l'Italia, come ex potenza coloniale, porti i contendenti libici attorno a un tavolo. Questo per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell'Europa.
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