assemblea provinciale 20 ottobre 2001 | |||||||
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Trento, 20 ottobre 2001 1 La reazione istintiva è stata il recupero di fiducia in se stessi, da parte degli americani, su tutti i fronti: da quello umano-sociale, a quello economico, a quello della sicurezza. Su ciascun piano occorrerebbe però andare oltre tale reazione, e non temere di riconoscersi più deboli di quanto non si credesse, e di modificare la rotta spavalda del passato. Si consideri un aspetto apparentemente secondario della vicenda: il trauma urbano-ambientale, prodotto dalla catastrofe distruttiva e dall’obiettivo quasi automatico del ricostruire. Il "grande vuoto" lasciato dalla caduta delle torri gemelle di Manhattan, la perdita di identità provocata dal venir meno di un simbolo, la ambizione di "scalare i cieli" riacutizzata dalla umiliante ferita e dalla tragedia umana, pongono la domanda cruciale "che fare se non altre torri?". E se invece ci si fermasse un momento a contemplare questo vuoto, a ipotizzarne un uso differente, a rovesciare l’ottica dei magnati dell’edilizia e delle corporazioni professionali – che non possono che voler ricostruire ancora più alto o, nell’ipotesi migliore, costruire diversamente (come Richard Meier e Renzo Piano)? E se immaginassimo che la natura si riappropri del vuoto e, alleata con l’arte del paesaggio e delle forme en plein air, trasformi lo horror vacui, la paura del vuoto della società urbana per eccellenza nel suo opposto: lo spazio di relazione e di scambio, di contemplazione e di distensione gratuita, proprio là dove il costo del suolo impone l’espropriazione del sogno e la sua traduzione in oro. "Questa sventura potrebbe diventare un evento provvidenziale" – sostiene Terence Riley del Museum of Modern Art –, da contrassegnare però non solo con l’intelligente rilancio di un nuovo e più ricco complesso urbanistico, ma anche con la messa in discussione dell’economia finanziaria dei tempi brevi e della razionalità tecnica a senso unico, quali parametri dominanti della metropoli. Da ecologista avverto la cecità ambientale e sociale delle corporazioni tecnico-professionali, oltreché dei potenziali committenti, privati e pubblici: in genere essi mirano automaticamente a "riempire il vuoto". Ma a Manhattan è proprio questo vuoto il nuovo evento urbano, da progettare e realizzare come tale, in dialettica e non in contrapposizione con il pieno edilizio, ed a testimonianza di una rinnovata creatività dell’uomo, capace di tradurre il male (la distruzione terroristica) in bene (lo spazio rinaturalizzato). E inoltre lo skyline della futura metropoli risulterebbe un po’ meno aggressivo. 2 La variante al Piano Regolatore si sta rivelando una autentica iattura per la città, condotta da politici senza idee e da urbanisti privi di tensione e coraggio civile. La potenzialità dell’area ex Michelin – segnalata dal progetto e dal convegno dei Verdi come possibile Parco dell’arte, della scienza, della natura e del tempo libero – viene ciecamente sacrificata agli interessi del pool finanziario Iniziative Urbane, proprietario dell’area stessa. Il Parco urbano-fluviale viene ‘diluito’ – anzi ‘spalmato’ (secondo il linguaggio farneticante degli addetti ai lavori) – su altre aree lungo-Adige, tra cui quella occupata dalle caserme Pizzolato; ovverosìa viene rimandato a un lontano, assai improbabile futuro. Analogamente il realistico progetto del Parco naturale-culturale del Bondone non tocca sindaco né assessori, né urbanisti consulenti, e le finanze pubbliche verranno dilapidate in fallimentari impianti sciistici e "patti territoriali" che consolidano l’affarismo edilizio a scapito dell’ambiente naturale, la vera risorsa su cui nessuno si sogna di investire. Nuova edificazione sarà anche l’effetto dell’eventuale interramento della ferrovia (i cui costi presunti sono passati da due-trecento a ottocento miliardi in pochi mesi), per dare vita a un boulevard che appare – nella cartografia esposta alla ‘Casa della città’ – come un asse di massicce costruzioni in duplice fila, che sono la vera ragione dell’entusiasmo di tanti operatori finanziari e categorie professionali verso l’operazione ‘nuova barriera urbana’, in sostituzione di quella ferroviaria. Un grave danno ed una beffa per la città di Trento, ad opera di una classe dirigente – politica (di maggioranza e d’opposizione), economica (compresa la parapubblica) e culturale (inclusa l’Università, qualche direttore di museo, autorevoli professionisti e la stessa Italia Nostra) – priva di idee, di iniziativa, di sensibilità, di strategia, non all’altezza dunque della sfida epocale, lo sviluppo ecologicamente e socialmente sostenibile, che dovremmo affrontare. C’è bisogno di un rinnovato movimento ambientalista – si direbbe –, pronto a ripartire sui valori elementari della qualità della vita, della convivenza, dei diritti umani, della difesa delle Alpi e dell’ecosistema terra, e capace perfino di spiegare ancora perché la Valdastico deve restare una valle, e poi anche di mobilitarsi contro i kamikaze dell’economia distruttiva. Sandro Boato
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