Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||
|
Trento, 4 febbraio 2008 “Una delle caratteristiche della vita politica in democrazia risiede nell’incapacità dei suoi protagonisti di proiettarsi nel futuro, ossia di anticipare i problemi e proporre una prospettiva. Per un uomo politico, il lungo termine supera raramente l’orizzonte del suo mandato elettorale; invece lo sviluppo sostenibile ha, per sua natura, lo scopo di prevenire i problemi e preparare l’avvenire”. Così scriveva lo scorso anno Nicolas Hulot ai candidati alle elezioni politiche francesi, chiedendo a ciascuno di dichiarare come avrebbe pensato di risolvere i problemi ambientali e proponendo – da destra a sinistra – di condividere un “patto ecologico” sottoscritto anche dai candidati presidenti Sarkozy e Royal. Hulot è un personaggio famosissimo in Francia, potremmo paragonarlo a Piero Angela ma con una marcia in più in tema di ecologia. Egli è infatti il padre dei prestigiosi documentari “Ushuaia Nature” diffusi in tutto il mondo e di innumerevoli iniziative editoriali e benefiche, tra le quali una fondazione che porta il suo nome. Ebbene le parole ed il “patto” proposto da Hulot appaiono oggi quantomai attuali anche in Italia. La prospettiva di nuove elezioni politiche, con sullo sfondo i drammatici problemi di Napoli ma anche i recenti ammonimenti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e la crisi energetica mondiale, stanno portando nuovamente a galla lo spaventoso vuoto culturale della politica in tema di ecologia. Servirebbero oggi più che mai politici in grado di far capire agli elettori che il futuro non può più consistere in proposte di sviluppo spesso rovinose finanziariamente per le casse pubbliche basate su strutture pesanti, ma nell’attuare una gestione del territorio compatibile con la necessaria sobrietà energetica e con il mantenimento dei servizi resi dagli ecosistemi. Il patto sottoscritto in Francia da centinaia di candidati – che non è di destra, di sinistra o di centro, ma un accordo al di sopra di tutti - probabilmente non sortirebbe la stessa sorte in Italia ed in Trentino per la semplice incapacità da parte di gran parte della classe politica di capire il significato dei termini e delle formule proposte. Una classe politica vetusta ed ottusa che è causa della odierna situazione di degrado e che non può certo proporre soluzioni adeguate, visto che semplicemente non le conosce! E quando l’ignoranza fa il paio con l’arroganza del potere, la frittata è servita… Vediamo quantomeno per la cronaca quali erano i cinque punti che il patto francese prevedeva nel breve periodo. Primo: mettere l’ambiente al centro dello Stato, con un vice primo ministro incaricato dello sviluppo sostenibile. Secondo: istituire una carbon tax ad aumento costante, fino alla riduzione a un quarto delle emissioni di gas carbonico (riducendo le emissioni annue del 3% entro il 2050, obiettivo ambizioso ma non impossibile). Terzo: offrire all’agricoltura un mercato di qualità, riorientando progressivamente le sovvenzioni agricole verso un ripristino collettivo sulla base dei prodotti certificati e di prossimità e negoziando una riforma della PAC che vada in questa direzione. Quarto: sottoporre sistematicamente a dibattito pubblico gli orientamenti dello sviluppo sostenibile (ricorrendo ad esempio a procedure di democrazia partecipativa). Quinto: Promuovere una grande politica nazionale di educazione e di sensibilizzazione all’ecologia e allo sviluppo sostenibile (che in Francia si traduce “durevole”, un termine decisamente migliore). Su quest’ultimo punto credo che si giochi il futuro, non solo dei francesi o degli italiani, ma dell’intera umanità. Nella dichiarazione “Un ambiente per l’Europa” (Kiev, maggio 2003) si afferma: “L’educazione è non solo un diritto dell’uomo ma anche una condizione sine qua non dello sviluppo sostenibile e uno strumento indispensabile per una buona gestione”. Insomma, avevano ragione gli antichi, occorre conoscere bene per agire di conseguenza, abbiamo bisogno dell’umiltà dell’apprendimento, non della sicumera della propaganda politica fatta solo di cerone e faretti. Conoscere la natura significa in definitiva conoscere noi stessi. E trovare le soluzioni migliori, che ci sono e sono state già sperimentate, per vivere meglio in un mondo più sano e pulito. Già, sembra una conclusione banale: rompere con la natura significa sempre di più allontanarsi dall’uomo. Che abbia ragione Nicolas Hulot quando tristemente annota che forse “non siamo civilizzati in profondità”? Il teologo Leonardo Boff risponde che “il degrado della nostra casa comune, la Terra, denuncia la nostra crisi adolescenziale. Dobbiamo entrare nell’età matura e manifestare segni di saggezza. In mancanza di questo non potremo garantire un futuro promettente”. Roberto Bombarda |
ROBERTO
| ||||||||||||||||||||||||||
© 2000 - 2024 EUROPA VERDE VERDI DEL TRENTINO webdesigner: m.gabriella pangrazzi |
||||||||||||||||||||||||||||
|