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Trento, 21 novembre 2007
IL TRENTINO PER LA TUTELA DELLE FORESTE PLUVIALI E DEL CLIMA DELLA TERRA
Proposta di mozione presentata da Roberto Bombarda
consigliere provinciale dei Verdi e Democratici per l’Unione

Un recente articolo pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dall’inviato Giampaolo Visetti ha riproposto il dramma dello scempio ambientale della foresta pluviale del Congo, che con i suoi 1,7 milioni di chilometri quadrati è la più estesa del pianeta dopo quella amazzonica. Un luogo che ospita il 70% dell’acqua dolce africana, oltre 10 mila specie di piante e mille di animali, un ecosistema unico al mondo che la povertà, la corruzione dei governi locali, l’ingordigia delle multinazionali dei paesi industrializzati, Cina compresa, stanno distruggendo al ritmo di milioni di ettari all’anno (ben 21 milioni di ettari, sette volte la superficie del Belgio, nei soli ultimi due anni secondo l’articolo pubblicato il 10 novembre scorso).

Aldilà dell’Oceano Atlantico, la stessa sorte – iniziata peraltro molto prima che nel Congo – sta toccando alla più grande foresta pluviale della Terra, la foresta amazzonica. Secondo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz “la distruzione delle foreste tropicali è una delle peggiori catastrofi della nostra era”. Per Norman Myers un’area di foresta contiene dieci volte più forme di vita di un’area di foresta boreale. Le foreste tropicali sono considerate tra i biomi terrestri più antichi, tanto che alcune di esse nel sud-est asiatico hanno più di 70 milioni di anni e sono contemporanee dei dinosauri. Oggi le foreste tropicali occupano circa 11,2 milioni di chilometri quadrati di superficie, pari al 70% della superficie coperta 2 mila anni fa, e questa riduzione è avvenuta soprattutto nel corso degli ultimi decenni. Il cosiddetto “dominio ecologico amazzonico” occupa un’area di 7 milioni di kmq, pari al 5% delle terre emerse ed al 50% della superficie dell’America Latina, estendendosi su 9 paesi con una popolazione di circa 30 milioni di abitanti, l’80% dei quali in Brasile.

L’Amazzonia – ma in generale tutte le foreste tropicali – è fondamentale per l’equilibrio climatico del pianeta. Come ha affermato James Lovelock, “la si può paragonare a un rene che regola funzioni vitali”. Il processo di deforestazione ha molte cause, tra le quali la diffusione delle coltivazioni estensive, anche ai fini della produzione di biocarburanti e dell’alimentazione bovina, l’incremento degli allevamenti per la produzione della carne (correlato al crescente consumo della stessa a livello mondiale), lo sfruttamento del legno, dell’acqua e delle altre risorse locali. Spesso la foresta viene bruciata per far posto rapidamente ad altre attività e questo comporta enormi emissioni di CO2 in atmosfera.

Per l’ecologista brasiliano Joao Meirelles Filho, autore della “Carta dell’Amazzonia” che pone al primo punto il “rispetto per la biodiversità della foresta più grande del mondo a beneficio delle attuali e future generazioni”, la foresta offre dodici vocazioni, veri e propri “servizi all’umanità”: i servizi ambientali; l’acqua; i minerali; la produzione di suolo; l’energia delle piante; la farmacia della foresta; la vocazione per il legno; i prodotti forestali diversi dal legno; i prodotti alimentari vegetali; l’artigianato; l’acquicoltura, la pesca di sussistenza e la pesca sportiva; l’ecoturismo; gli studi sull’ambiente.

Molti studi hanno contribuito a calcolare la capacità della foresta pluviale di assorbire biossido di carbonio. In alcuni di essi si parla di 15 tonnellate ad ettaro; in altri che la stessa superficie può assorbire la CO2 prodotta in un anno da 70 auto. In attuazione del protocollo di Kyoto i governi dei paesi industrializzati pagano decine di dollari per tonnellata di carbonio ritenuta (carbon credit) e tra i meccanismi in corso di diffusione vi sono pure i “clean development mechanism” che spingono sul “sequestro” di carbonio da parte delle foreste attraverso politiche di gestione sostenibile delle stesse (anche attraverso certificazioni FSC, come già accade in Trentino) o di riduzione dei processi di deforestazione già previsti.

Ciò che appare evidente è che la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste pluviali (fare in modo, cioè, che la parte “prelevata” non ecceda la quota “creata ogni anno”, tenuto conto della salvaguardia delle specie e degli habitat più preziosi) è un interesse ed un dovere per tutti i cittadini del pianeta, alla luce dei servizi che esse rendono all’umanità secondo quanto è stato elencato ed in primis secondo il loro ruolo attivo nel contrastare i cambiamenti climatici, il più grande e drammatico evento che le future generazioni si troveranno a dover affrontare nel corso dei prossimi decenni.

Il Trentino presenta una superficie coperta da foreste superiore al 50% del proprio territorio ed è storicamente una terra operosa ed attenta ai valori del territorio, dove generazioni di persone sono vissute coltivando e rispettando le foreste, dove si sono formate professionalità ed attività d’impresa, dove le foreste sono state certificate secondo i migliori standard internazionali. Nonostante la funzione esercitata dalle foreste trentine di assorbire la CO2 prodotta dalla nostra provincia, ciò non è sufficiente a rendere il nostro territorio ininfluente sullo scenario globale. Occorre dunque attivare nuove e più incisive azioni di mitigazione del nostro impatto sull’ecosistema (e prevedere ulteriori e conseguenti azioni di adattamento). Il piano energetico ed ambientale della Provincia stima infatti per il 2012 un deficit tra CO2 emessa e CO2 sequestrata dall’ecosistema pari a circa 600 mila tonnellate annue. Secondo i meccanismi di Kyoto, essendo il biossido di carbonio un gas che entra nel ciclo dell’atmosfera, è irrilevante che la “compensazione” sia effettuata nello stesso luogo dell’emissione o altrove. In altre parole: la CO2 prodotta in eccesso in Trentino dovrebbe prima di tutto essere ridotta/azzerata a livello locale (evidentemente adottando tutta una serie di diverse strategie di sviluppo legate alla mobilità, all’impiego dell’energia per i diversi usi, eccetera), ma potrebbe comunque essere ridotta o azzerata anche attraverso attività per così dire “off-shore”, cioè in altri luoghi del pianeta. Ad esempio nelle foreste pluviali. Casi concreti sono stati forniti nel corso degli ultimi anni. Attraverso acquisto di titoli di proprietà o di titoli d’uso di foreste pluviali (in Amazzonia, Africa, Sud-est asiatico) si possono “compensare” le emissioni di CO2. Però c’è la possibilità di andare ben oltre e di trasformare un meccanismo di compensazione di carbonio in un’azione di cooperazione decentrata e di solidarietà internazionale. Ad esempio procedendo ad accordi bilaterali con governi e comunità locali tramite i quali si riconosce la titolarità e la sovranità di un territorio alla stessa comunità locale, in particolare laddove essa è rappresentata da nativi e si acquisisce il diritto d’uso della foresta, non da impiegare deliberatamente, bensì concordando con i proprietari modalità di sviluppo sostenibile, dalla gestione forestale alla pesca, dall’ecoturismo alla ricerca medica e scientifica, mettendo a disposizione le migliori risorse umane presenti in entrambi i territori interessati. Ciò che si propone, in sostanza, è che il Trentino possa e sappia promuovere, con un investimento pluriennale, un progetto avente per obiettivo centrale la riduzione ovvero l’azzeramento della propria CO2 attraverso una collaborazione internazionale con un’altra comunità locale, che possa portare alla difesa di una vasta parte di territorio di foresta pluviale e contemporaneamente un’operazione di cooperazione decentrata e di solidarietà internazionale mirata a creare un sviluppo reciproco, in termini economici ma prima di tutto sociali e culturali.

Sarebbe dunque possibile e praticabile “adottare”, attraverso i meccanismi di compensazione previsti dagli accordi internazionali, un’area di foresta pluviale grande quanto il Trentino, o comunque in grado di ridurre il bilancio della CO2 emessa dal Trentino – puntando ad ottenere una sorta di certificazione “Trentino zero CO2”, del tipo già ottenuto “regione OGM free”, con innegabili benefici, non solo sul piano comunicativo - e contemporaneamente l’impronta ecologica dei trentini (l’impronta ecologica è la variabile che misura il consumo delle risorse naturali da parte degli uomini paragonandola alla capacità della natura di rinnovare queste risorse): dunque un Trentino da un’altra parte del mondo! Come già presentato in un’altra proposta di mozione datata 4 ottobre 2005 (“Promuovere un progetto per ridurre l’impronta ecologica dei trentini”), “si può ridurre l’impronta media aumentando la produttività degli ecosistemi o proteggendo quelli in pericolo; la Provincia potrebbe dunque impegnarsi ad acquisire la proprietà o i diritti d’uso di una vasta area di foresta pluviale, al fine di ridurre la nostra impronta ecologica, di contribuire a salvare un tratto dell’ambiente più importante della Terra dallo sfruttamento intensivo e distruttivo e di prestare persone e risorse trentine allo sviluppo sostenibile di aree impoverite del pianeta”. Come hanno infatti dimostrato diversi studi, “l’impronta media di ogni trentino si è dimostrata più alta della media di ogni italiano, che è doppia rispetto alla media mondiale! Ed il deficit maggiore si riscontra proprio per le emissioni di anidride carbonica derivante dal consumo di combustibili fossili: sarebbero necessari ancora 1,48 ettari/abitante (secondo il “V Rapporto sullo stato dell’ambiente” edito dalla Provincia Autonoma di Trento) per assorbire le 6,76 tonnellate di anidride carbonica di cui ogni trentino è responsabile in media”; nel complesso, dunque, sarebbe necessario tutelare ulteriormente una superficie un po’ superiore a quella del Trentino.

Ciò premesso

il Consiglio impegna la Giunta provinciale

1. a progettare e promuovere un progetto pluriennale per la riduzione ovvero per l’azzeramento della CO2 del Trentino e per la riduzione dell’impronta ecologica dei trentini attraverso accordi per l’acquisizione di titoli d’uso o di altri meccanismi previsti dai protocolli internazionali di ampi tratti di foreste pluviali da gestire in modo sostenibile e certificato attraverso forme di cooperazione decentrata, con il coinvolgimento di enti locali, istituzioni, centri di ricerca, imprese ed associazioni trentine;

2. a dare ampia diffusione al progetto nei confronti della comunità trentina ed a livello di opinione pubblica nazionale ed estera, potendosi trattare di una delle prime iniziative di questo genere promosse da una regione posta in un paese industrializzato nei confronti di una corrispondente realtà amministrativa posta in un paese impoverito.

Cons. prov. dott. Roberto Bombarda

 

     

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