Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 26 settembre 2006 La “Süddeutsche Zeitung” del 26.08.2006 ha pubblicato una notizia, prontamente ripresa anche dalla stampa locale, secondo la quale dopo poche settimane dall’inizio dei lavori preliminari per la prevista costruzione del tunnel di base del Brennero, aumentano i dubbi sul senso del progetto. In una perizia commissionata dal Gruppo di interesse dell’Inntal, l’ufficio di pianificazione dei trasporti di Monaco “Vieregg und Rössler” è giunto alla conclusione che la nuova linea ferroviaria attraverso il Brennero non rappresenti affatto la soluzione per il traffico di transito. Il progetto infrastrutturale di circa 17 miliardi di Euro potrebbe al massimo mitigare il tasso di crescita del traffico sull’autostrada. Inoltre l’opera non potrebbe essere completata prima del 2030. Lo studio diventa ancora più scottante per la presa di posizione delle Ferrovie tedesche (Deutsche Bahn), le quali esprimono anch’esse perplessità sul progetto di tunnel. Il Libero Stato di Baviera si attende grandi impulsi economici dal nuovo corridoio ferroviario in direzione sud. Gli esperti di pianificazione dei trasporti dubitano di ciò, poiché secondo loro l’asse del Brennero co-stituisce solo un collegamento diretto tra la Baviera e l’Italia centrale e meridionale e non invece con il triangolo economico Milano-Torino-Genova. A tale scopo servirebbe piuttosto il potenziamento della tratta Monaco-Lindau quale raccordo con l’asse del Gottardo, come da tempo richiesto dalla Svizzera. Riguardo al tema della ferrovia del Brennero, in Trentino, si sonnecchia un po’, la politica, i giornali, le associazioni, eccetera. Forse perché, o meglio anche perché quello del Brennero – che viene ridotto sempre al solo discorso sul tunnel – viene spesso additato come un problema “esclusivo” dell’Alto Adige-Suedtirol, come se i treni o le merci che scendono dal Brennero – e viceversa quelle che vi debbono andare – non passassero anche lungo tutta la valle dell’Adige trentina. Va pure detto che questa posizione assunta dai trentini, in primis dalla giunta provinciale, fa il paio con la posizione di Durnwalder e della SVP sul completamento dell’autostrada A31, la cosiddetta “Valdastico”. “E’ un problema di Trento”, si sostiene a Bolzano, quasi ad evitare di pestarsi i piedi tra le due province limitrofe. Anche in questo caso, come se i tir attirati dalla Valdastico non dovessero poi riversarsi sull’A22 intasando ed inquinando ulteriormente le nostre valli fino al Brennero e poi, ovviamente, anche quelle dell’Austria e della Germania. Il Brennero dunque è un problema anche trentino, così come l’A31 è un problema anche sudtirolese e sarebbe bene che li si affrontasse insieme, politicamente e tecnicamente parlando. Utilizzando il gergo calcistico si può affermare che sulla partita del collegamento Verona-Brennero la Provincia di Trento ha fino ad ora giocato sulla difensiva, nel senso che non ha mai attaccato, ma ha sempre atteso le mosse degli altri salvo poi adeguarsi o respingerle, assumendo una posizione che pare prendere atto dell’ineluttabilità di alcune scelte che sono passate sopra la propria testa, come appunto la decisione dell’Unione Europea di realizzare il corridoio numero uno. La posizione “difensivista” della provincia di Trento è ad esempio ben ravvisabile nella bocciatura del primo progetto presentato da Italferr per il quadruplicamento della tratta ferroviaria attraverso il Trentino. Italferr prevedeva infatti il passaggio in destra Adige, ciò che avrebbe comportato la devastazione della piana Rotaliana e la perforazione dei monti calcarei come la Paganella ed il Bondone, con effetti molto dannosi sulle acque, e non solo. La Provincia, dicevo, attraverso una procedura di Via fatta rapidamente ma anche con perizia e competenza da parte degli uffici tecnici, ha bocciato quest’ipotesi proponendo a RFI una nuova soluzione per il tracciato di attraversamento del Trentino, questa volta in sinistra Adige, ciò per ridurre i danni ambientali e per creare più valide circonvallazioni alle città di Trento e Rovereto. Questo è stato possibile, ovviamente, grazie all’autonomia riconosciuta alla nostra Provincia dalla costituzione e dalle norme di attuazione dello statuto, altrimenti avremmo probabilmente fatto la fine della Val di Susa. L’autonomia ci consente infatti di affrontare questo problema attraverso un accordo Stato-Provincia, che è già stato preceduto da un intesa generale quadro il 13 febbraio 2004 (nella stessa data è stata firmata dal governo l’intesa anche con la provincia di Bolzano). Ovviamente, anche alla luce di quanto è stato detto e scritto, noi siamo molto preoccupati. Perché se fosse fatto il tunnel di base - sempre che si trovino i soldi per farlo, perché finora non ci sono nonostante le molte chiacchiere – si scaricherebbero ogni giorno sulla rete ferroviaria attuale centinaia di treni in più, che poi nel caso specifico di Trento e Rovereto attraverserebbero in pieno le città con evidentissimi disagi per l’insostenibile inquinamento acustico generato. E’ vero che nell’accordo stato-provincia compare per la prima volta, tra i lotti prioritari, la circonvallazione di Trento-Rovereto la quale, si dice, dovrà essere ultimata entro la data di attivazione del tunnel di base del Brennero, dunque entro il 2016. Ma i dubbi restano, poiché per i lotti di completamento si parla del 2030 e se oggi mancano i soldi per il tunnel è serio attendersi che manchino anche quelli per i lotti prioritari, che dunque difficilmente potranno essere pronti per il 2016 o comunque entrare in esercizio contemporaneamente al tunnel. Ancora, la variante proposta dal Trentino a RFI andrà adeguatamente finanziata, poiché il decreto di programmazione economica e finanziaria relativo al triennio 2003-2006 prevede un costo a carico pubblico per il valico del Brennero di 2.582 milioni di euro e di altri 1.510 milioni di euro per l’asse Brennero-Verona-Parma-La Spezia. Ma il bilancio stanzia solo una parte minimale di queste imponentissime cifre, che appaiono comunque assolutamente di massima, destinate quindi a crescere in maniera sensibile. Sulle cifre del collegamento Verona-Brennero c’è stato, negli ultimi mesi, un vero e proprio balletto di cifre: chi parla di 3 miliardi di euro, chi addirittura di 7 miliardi di euro. Ciò dimostra, a mio avviso, poca serietà nei proponenti, visto che ad un’associazione no-profit che chiede un contributo di alcune migliaia di euro per una manifestazione viene richiesto il business-plan, mentre chi intende spendere miliardi di euro della collettività si può permettere di non sapere l’entità finale della spesa. Le uniche risorse certe a disposizione di questa grande operazione sono i 550 milioni di euro accantonati da A22 per il rinnovo della concessione. Fino a qualche mese fa si affermava, anche nelle occasioni ufficiali, che dovessero essere impiegati esclusivamente per il finanziamento del tunnel di base. Ora sembra invece che possano essere impiegati per il tunnel e per la tratta di accesso, comprese dunque le circonvallazioni di Bolzano, Trento e Rovereto. Inoltre, per uno “scatto di orgoglio” trentino, sembra che la cifra debba essere divisa equamente tra i due territori provinciali. Come si vede, andando avanti così i soldi per il tunnel, già pochi, diventano ancora meno. La preoccupazione non è solo nostra, ma di tutte le associazioni ambientaliste del Trentino ed in maniera crescente dell’intera popolazione, in particolare di tutti coloro che risiedono lunga l’attuale rete ferroviaria e che temono di dover subire per un decennio e più un inquinamento acustico insostenibile. Siamo infatti tutti favorevoli al trasferimento del traffico da gomma a ferrovia, ci mancherebbe… ma sappiamo anche che un’opera come l’alta capacità Verona-Monaco avrà costi ambientali, oltreché economici, enormi. Sarà il più grande cantiere nella storia della nostra terra e dunque è difficile quantificare i possibili impatti sul delicato territorio delle nostre montagne. Dunque il nostro sì alla ferrovia non è incondizionato. Non tutte le ferrovie sono buone! E prima di costruire nuove opere occorre verificare quanto possono ancora offrire ai territori le opere già esistenti. Noi siamo soprattutto convinti che le opere infrastrutturali debbano essere precedute ed accompagnate da una vera politica dei trasporti. Che si ponga in linea con il Libro Bianco dell’Unione Europea e con il Protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi. Vogliamo che il corridoio del Brennero sia dichiarato al più presto “corridoio sensibile” e grazie a ciò possa prevedere l’attivazione di tutti quei provvedimenti che tutelino la qualità della vita degli abitanti e quella dell’ambiente dei territori attraversati. Già la direttiva “eurovignette” recentemente approvata dal Parlamento europeo, pur essendo abbastanza deludente in quanto non consente di imputare pienamente sui pedaggi autostradali i costi esterni ed interni generati dal traffico su gomma, apre la possibilità di limitare il traffico ad alcune tipologie di mezzi ed in determinate fasce orarie e di aumentare i pedaggi ai mezzi più inquinanti. Purtroppo non si arriverà ai valori svizzeri, ma è comunque il caso di iniziare al più presto ad alzare i pedaggi autostradali per i veicoli più inquinanti. Inoltre, finché non vi saranno adeguate politiche ed opportune forme di incentivazione per favorire l’opzione ferroviaria, la costruzione di mega-strutture rischia di trasformarle in cattedrali nel deserto. Dobbiamo pure chiederci per quale motivo si insista così tanto per costruire tunnel e tratte ferroviarie quando la rete attuale è sottoutilizzata – si stima che l’impiego sia oggi attorno al 30% - e posto che non ci sono i soldi per queste opere, ne’ probabilmente ci saranno entro le date previste, stante la drammatica situazione nella quale versa il bilancio statale dell’Italia. Un motivo “valido” per il quale è stata “inventata” la TAV del Brennero, oltre alla giustificazione del traffico, esiste eccome. Pensiamoci bene: l’autonomia di cui godono le nostre province garantisce che quasi tutto il gettito fiscale che viene qui generato possa poi rientrare sotto forma di entrate delle due province. Dunque, quanto più si produce sul nostro territorio, da soggetti che qui hanno residenza fiscale, tanto più aumentano le entrate pubbliche. Così favorendo il sostegno di tutte le politiche, anche quelle sociali, scuole, ospedali, assistenza, eccetera. Un cantiere di queste dimensioni, può portare tra spese dirette ed indotte – si possono anche calcolare applicando un moltiplicatore sull’economia locale – un aumento di qualche decimale del Pil per i prossimi vent’anni, un aumento di attività per le imprese locali (dal bar vicino al cantiere alla più specializzata impresa di costruzioni, passando per le società di progettazione e consulenza) ed un aumento delle entrate delle province (in particolare per quella di Bolzano) di alcune centinaia di milioni di euro, che serviranno pertanto per finanziare tutta l’attività degli enti pubblici. E questo a costo quasi zero per le casse delle stesse province, in quanto le risorse per le opere dovrebbero derivare da fondi europei, statali o da investimenti di società private o miste pubblico-privato. Bel colpo! E’ questo, probabilmente, l’unico vero motivo che porterà alla realizzazione del tunnel e delle tratte di accesso, che peraltro diverranno “obbligatorie” una volta realizzato il tunnel. Il tutto, quasi sicuramente, senza l’accompagnamento di una vera politica dei trasporti, senza una valorizzazione della rete attuale ai fini del trasporto persone, in particolare a vantaggio dei pendolari, e senza investire per l’impatto ambientale dell’odierna rete ferroviaria. Per risolvere il problema dei trasporti tra l’Europa centrale e l’Area mediterranea serve prima di tutto una seria politica dei trasporti, poi la progettazione estesa a tutta la rete ed alle modalità dei trasporti, infine last but not least occorrono gli investimenti. Ci piacerebbe che la nostra politica avesse lo stesso coraggio degli svizzeri, giungendo ad affermare che le merci non potranno più attraversare la nostra regione se non con la ferrovia. Temo però che la storia, da noi, andrà a finire in maniera diversa. Ma forse la cosa che conta sopra tutte è che la politica provinciale sappia giocare questa partita alla luce del sole, attuando un forte impegno indirizzato alla trasparenza degli atti e delle informazioni, fornendo così alla cittadinanza tutti gli strumenti, anche di matrice indipendente, che possano portare all’individuazione di scelte partecipate e condivise. Ciò premesso il Consiglio impegna la Giunta provinciale 1. ad avviare una forte iniziativa comunicativa – anche attraverso la pubblicazione di un numero monografico della rivista “Il Trentino” edita dalla Provincia - mirata a fornire ai cittadini, alle associazioni ed alle autonomie locali del Trentino tutte le informazioni necessarie ad acquisire piena conoscenza dei costi ambientali ed economici derivanti dalla realizzazione del tunnel di base del Brennero e della tratta di accesso sud; 2. a promuovere una serie di incontri pubblici nelle città e negli altri centri abitati posti lungo l’attuale linea ferroviaria, al fine di fornire informazioni veritiere sui tempi e sulle modalità di realizzazione delle opere, compresi i disagi che saranno arrecati alle popolazioni locali da cantieri i cui lavori dureranno oltre un decennio; 3. a considerare la possibilità di procedere a tutte le azioni di propria competenza al fine di evitare la costruzione del tunnel di base in assenza della garanzia circa i tempi di finanziamento e costruzione della tratta di accesso sud e delle circonvallazioni di Trento e Rovereto. Cons. prov. dott. Roberto Bombarda
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