Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 19 giugno 2009 Oggi il progetto della megacentrale idroelettrica che dovrebbe nascere sull’Altissimo arriverà in terza commissione, quella presieduta da Roberto Bombarda. Il consigliere dei Verdi non ha mai nascosto la sua contrarietà alla centrale di “pompaggio”, ora chiede al governatore e all’assessore competente «una presa di posizione politica. Ci siamo appena riappropriati delle nostre centrali, non possiamo tornare al colonialismo industriale degli anni ‘50». In attesa di riferire in commissione, Alberto Pacher si limita a ricordare che «si sta concludendo la composizione dei pareri tecnici. Un giudizio la giunta lo darà dopo l’acquisizione del materiale». Intanto, anche i vertici della società “trentina” che ha presentato la richiesta di concessione s’inseriscono nel dibattito: «Si stanno facendo tante chiacchiere. Noi per primi non sappiamo se il progetto partirà per la sua sostenibilità economica. Nella migliore delle ipotesi prima di partire ci vorranno cinque o sei anni». «Attualmente – ricorda Bombarda – i progetti depositati sono due, quello della Progetto Altissimo (partecipata per il 72% dalla Eva di Chico Testa) e quello della altoatesina Eisackwerk. Il progetto di fondo è il medesimo: una centrale di “pompaggio”. Una simile centrale non produce energia, ma sfrutta il minor costo dell’energia prodotta dalle centrali termoelettriche durante le ore notturne per pompare in quota l’acqua che viene usata per produrre energia di giorno, quando il prezzo sul mercato è maggiore. È un’operazione di speculazione finanziaria». L’elenco delle perplessità di Bombarda è lungo. «Lo sventramento dell’Altissimo non avverrebbe per produrre energia “pulita”, visto che per pompare l’acqua in quota ci si serve dell’energia “sporca” delle centrali termoelettriche, con un bilancio energetico che è in passivo, perché serve più energia per pompare l’acqua in quota di quella che si ricava grazie alle turbine. L’unico bilancio in attivo dovrebbe essere quello finanziario. Ma questo solo se il mercato dell’energia resterà inalterato nei prossimi decenni e questo non credo sia possibile prevederlo. Anche da un punto di vista occupazionale i benefici paiono pochi, visto che si prevede l’assunzione di appena venti persone». Bombarda elenca poi i possibili danni ambientali. «Non voglio dare giudizi a priori, ma voglio capire come è possibile “centrifugare” ogni giorno milioni di metri cubi d’acqua e lasciare inalterato il microclima dell’alto Garda. C’è poi il problema delle falde acquifere, visto che l’Altissimo ha caratteristiche carsiche. Mi risulta che gli stessi proponenti abbiamo ammesso l’alta probabilità di danneggiarle. Non ultimo il problema della movimentazione di almeno 3 milioni di metri cubi di materiale per scavare le gallerie». L’unico vantaggio sicuro per la collettività sembra essere quello fiscale, visto che la società, che conta di investire circa un miliardo e 200 milioni di euro, sarebbe domiciliata in Trentino. Da sola l’operazione sarebbe forse in grado di compensare le minori entrate che Piazza Dante prevede con l’entrata a regime del federalismo fiscale. «Non credo sia casuale il fatto che si sia proposto a noi questo progetto, vista la partecipazione di soci trentini». Di più Bombarda non dice, ma il fatto che il 20% della società sia di fatto controllato dalla Finanziaria Trentina di Lino Benassi e l’8% dalla Sws del presidente di Trentino Sviluppo di Paolo Mazzalai può aiutare a capire le parole di Bombarda. Una conferma indiretta della disponibilità della politica trentina arriva proprio dai vertici della società: «Non è una questione che passa dal sindaco di paese. I nostri interlocutori sono il governatore e la politica nazionale: non ci risultano ostilità». Va anche ricordato che un’eventuale ostilità trentina non impedirebbe la realizzazione dell’opera sul versante veronese o bresciano del lago. La società contesta l’analisi di Bombarda: «È vero che non possiamo prevedere l’andamento del mercato energetico dei prossimi anni e infatti non è vero che i ricavi siano dati dal differenziale del costo dell’energia tra notte e giorno. Semplificando, la centrale si configura come un accumulatore di energia e come tale può garantire un servizio di “assicurazione” ai grossi produttori come Enel. Il loro problema è una produzione costante, troppa offerta rispetto alla domanda di notte e potenzialmente troppa domanda rispetto all’offerta di giorno. Noi siamo in grado di garantire un aumento dell’offerta di giorno, quando l’energia viene maggiormente utilizzata, impedendo l’eventualità di un black-out. Stiamo parlando di 1.300 megawatt, circa dieci volte Santa Massenza per capirci, una dimensione di importanza europea». I vertici della società giudicano anche intempestiva la contestazione al progetto. «Si stanno facendo tante chiacchiere, ma noi per primi non sappiamo se il progetto partirà, non per la sua sostenibilità ambientale su cui non nutriamo dubbi, ma per la sua sostenibilità economica. Comunque, nella migliore delle ipotesi prima di partire ci vorranno cinque o sei anni». |
ROBERTO
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