Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, Camera dei Deputati, 23 e 28 febbraio 2001 MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentate del Governo sottosegretario Franceschini, onorevole relatore Vincenzo Cerulli Irelli, colleghi, questa legislatura si era aperta con il disegno organico di riforma da parte della Commissione bicamerale presieduta da Massimo D'Alema in materia di forma di Stato, forma di Governo, bicameralismo, sistema delle garanzie. Il blocco del processo riformatore è stato realizzato in quest'aula da parte degli esponenti del Polo e della Lega, che si sono riconosciuti nel discorso dell'onorevole Berlusconi del 2 giugno 1998 - festa della Repubblica -, con il quale venne bloccata la procedura di analisi del testo della bicamerale che era in corso in quest'aula. Personalmente, allora ho subito presentato una proposta di legge costituzionale - n. 5010, presentata il 19 giugno 1998 - per l'istituzione di un'Assemblea per la revisione della seconda parte della Costituzione. Tale Assemblea si sarebbe potuta eleggere in coincidenza con le elezioni europee della primavera del 1999, ma la proposta non fu accolta. Abbiamo seguito in Parlamento una strada diversa: la procedura ordinaria di revisione costituzionale prevista dall'articolo 138 della Costituzione. Sulla base di tale procedura, in questa seconda parte della legislatura, abbiamo approvato riforme importanti già in vigore. Ricordo la modifica dell'articolo 111 della Costituzione in materia di giusto processo - la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 - ed ora il Parlamento ha definitivamente approvato anche la legge ordinaria di attuazione della riforma costituzionale sul giusto processo. Abbiamo approvato, con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, la modifica degli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione in materia di elezione diretta dei presidenti delle regioni, in materia di autonomia statutaria - presentai io la proposta di legge a tale riguardo -, in materia di autonomia statutaria delle regioni a statuto ordinario e in materia di disposizioni costituzionali così dette antiribaltone. La legge di modifica degli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione prevede altresì una norma transitoria che ne consente l'immediata applicazione nelle elezioni regionali della primavera del 2001. Abbiamo recentemente approvato, con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, entrata in vigore pochi giorni fa, la riforma degli statuti delle cinque regioni ad autonomia speciale di cui all'articolo 116 della Costituzione (Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia Giulia), riforma che ha riguardato la forma di Governo e la legge elettorale, nonché le norme antiribaltone, e il rafforzamento degli istituti di democrazia diretta, di cui nessuno parla, ma che rappresentano una grande innovazione, con la previsione di referendum abrogativi, propositivi e consultivi. Vi è stato altresì l'inserimento - altra cosa di cui nessuno parla, ma che è assai importante - di una norma di rango costituzionale per favorire l'equilibrio della rappresentanza elettiva tra donne ed uomini. Per quanto riguarda la Sicilia, la Sardegna il Friuli-Venezia Giulia e la provincia autonoma di Trento, è stata prevista una norma transitoria volta a garantire l'elezione diretta dei presidenti, fra pochi mesi, in Sicilia e, in caso di totale inerzia, nelle altre regioni citate e nella provincia autonoma di Trento. Per quanto riguarda in particolare il Trentino-Alto Adige/Südtirol abbiamo confermato l'unicità dello Statuto, l'assetto tripolare, che prevede una regione e due province autonome, ma abbiamo altresì previsto il rovesciamento del rapporto tra la regione Trentino-Alto Adige e le due province autonome di Trento e di Bolzano, con il trasferimento delle competenze alle stesse province in materia di forma di governo e di legge elettorale. È stata introdotta una norma che prevede il rafforzamento della tutela della minoranza linguistica ladina nella regione ed in provincia di Bolzano e, per la prima volta dallo Statuto del 1948, è stata prevista anche la tutela delle minoranze linguistiche dei ladini, dei mocheni e dei cimbri nella provincia autonoma di Trento. Del resto, in questa legislatura, abbiamo anche definitivamente approvato, dopo i vani tentativi esperiti in molte legislature, in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione, la legge quadro di tutela delle minoranze linguistiche e, pochi giorni fa, abbiamo definitivamente approvato anche la legge di tutela della minoranza slovena. Al riguardo vorrei ricordare, perché mi fa piacere farlo dopo alcuni decenni di oscuramento sulla questione, che il prossimo lunedì 26 febbraio, alla presenza del Presidente della Camera Violante, a Palazzo Montecitorio presso la sala del Mappamondo, verrà proiettato un filmato su tutte le minoranze linguistiche italiane realizzato dal registra Sandro Giupponi. Si tratta di un segno di riconoscimento culturale, dopo quello legislativo, che non si verificava da decenni. Inoltre, a livello costituzionale, abbiamo approvato - il collega Cerulli Irelli lo ricorda bene, perché ne è stato relatore - la modifica dell'articolo 48 della Costituzione - legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1 - e degli articoli 56 e 57 della Costituzione - legge Costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1 - in materia di diritto di voto e di rappresentanza dei cittadini italiani residenti all'estero: sappiamo tutti che manca ancora la legge ordinaria di attuazione prevista dall'articolo 48 della Costituzione, ma la riforma costituzionale è stata pienamente realizzata. Pertanto, la modifica del titolo V della Costituzione oggi al nostro esame costituisce un fondamentale completamento di quella parte del disegno riformatore che riguarda la forma di Stato in materia di rafforzamento dei poteri delle regioni e dell'intero sistema delle autonomie. I principali aspetti della riforma sono già stati tutti o quasi tutti ricordati. Essi riguardano, già a partire dall'articolo 114, una sorta di rivoluzione copernicana nell'impianto istituzionale e costituzionale della Repubblica. Il primo comma dell'articolo 114 afferma: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". All'articolo 116 sono confermate le cinque autonomie speciali, ma per la prima volta è inserita in Costituzione la norma che prevede che la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, con la denominazione bilingue, è costituita dalle province autonome di Trento e Bolzano. All'ultimo comma - novità assoluta sul piano costituzionale - abbiamo inserito il principio e la previsione della possibilità di autonomie differenziate oltre alle cinque autonomie speciali, già previste dall'articolo 116 nel testo originario. All'articolo 117 abbiamo realizzato il rovesciamento del criterio di attribuzione delle competenze, di cui il relatore ed altri colleghi hanno più volte parlato, e abbiamo soprattutto rafforzato enormemente le competenze delle regioni anche nel rapporto con l'Unione europea, tema di cui si parla poco ma che è invece di fondamentale importanza, essendo le normative europee ormai fortemente invasive, come è giusto che sia, anche nei confronti dell'ordinamento interno. All'articolo 117 abbiamo anche inserito una norma costituzionale per promuovere la parità di accesso alle cariche elettive tra donne ed uomini; abbiamo previsto, da ultimo, il riconoscimento di intese tra le regioni e di accordi delle regioni addirittura con Stati ed enti territoriali di altri Stati, ovviamente nel quadro delle previsioni normative statali. All'articolo 118 abbiamo costituzionalizzato pienamente ciò che nella prima parte della Costituzione è già implicito, ossia il principio di sussidiarietà. L'abbiamo costituzionalizzato in modo assai forte sia per quanto riguarda la cosiddetta sussidiarietà verticale o istituzionale (ne hanno parlato diversi colleghi tra cui l'onorevole Massa, oltre al relatore) e nell'ultimo comma, con un emendamento da me presentato allorquando venne approvato in prima lettura questo testo, abbiamo costituzionalizzato il principio di sussidiarietà cosiddetto orizzontale o sociale. Di fronte alle critiche che ancora oggi sono venute - critiche direi insipienti - è bene ricordare che l'ultimo comma del nuovo articolo 118 recita testualmente: "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". È un comma, questo, di portata enorme, che giustamente è stato salutato all'esterno del Parlamento dalle associazioni del cosiddetto privato-sociale di diverso orientamento politico, culturale e religioso, come una grandissima innovazione. Ma da parte di esponenti dell'opposizione abbiamo sentito preannunciare, in quest'aula, un voto contrario su questa legge e quindi anche sul principio di sussidiarietà orizzontale di cui debbo dire che, a parole, ci si è più volte riempita la bocca inutilmente. All'articolo 119 sono garantiti l'autonomia finanziaria e tutto il sistema delle autonomie; vengono altresì realizzati quei principi del federalismo fiscali di cui il relatore ha ampiamente parlato sia nel testo scritto che oralmente. All'articolo 123 abbiamo introdotto il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione tra la regione e i suoi enti locali per superare quel rischio di neocentralismo regionale di cui più volte lo stesso Presidente della Repubblica Ciampi in recenti occasioni ha giustamente parlato. All'articolo 127, dopo aver contestualmente abolito tutto il precedente sistema dei controlli di tipo centralistico - per usare la giusta espressione del relatore - abbiamo previsto invece il ricorso incrociato del Governo e delle regioni alla Corte costituzionale in materia di legittimità costituzionale rispettivamente delle leggi regionali o statali o, per quanto riguarda le regioni, delle leggi di altre regioni che invadessero le loro competenze. All'articolo 10 del provvedimento, che non incide in Costituzione ma introduce una norma transitoria di rango costituzionale, abbiamo previsto che, per quanto riguarda le autonomie speciali, vi sia l'immediata applicabilità di tutte le norme più favorevoli contenute in questa revisione costituzionale senza dover attendere la revisione degli statuti speciali che ovviamente dovranno essere completati. All'articolo 11, con una seconda norma transitoria sempre di rango costituzionale, abbiamo previsto la partecipazione di rappresentanti delle regioni e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali i cui pareri, in quel caso, potranno essere eventualmente disattesi solamente da maggioranze qualificate delle due Camere. Questa riforma costituzionale che ho così sinteticamente riassunto non è - lo sappiamo bene - il federalismo compiuto, ma un'importante e straordinaria innovazione costituzionale nella direzione del federalismo. Certo, lo sappiamo, mancano soprattutto due cardini: la riforma del bicameralismo perfetto, con l'istituzione di una camera politica e di una camera che sia espressione del sistema delle autonomie, differenziando i due rami del Parlamento; manca, inoltre - lo sappiamo tutti, lo so io per primo che in bicamerale sono stato il relatore sul sistema delle garanzie in cui avevo introdotto questa norma -, l'integrazione della Corte costituzionale con cinque giudici di nomina da parte della rappresentanza del sistema delle autonomie. Tuttavia, se non si costituisce la rappresentanza del sistema delle autonomie nel Parlamento, differenziando il bicameralismo perfetto, non si può neanche arrivare alla nomina di questi cinque giudici. Chi li nomina? Si fa un referendum tra le varie regioni, gli ottomila comuni e le cento provincie? Sappiamo tutti che è puramente demagogico dire oggi che avremmo potuto introdurre questa norma di integrazione della Corte costituzionale che ho proposto in bicamerale. Essa potrà essere contestualmente inserita quando avremo realizzato il bicameralismo differenziato. Queste riforme - lo ripeto - erano già contenute nel progetto della bicamerale bloccato in quest'aula per iniziativa del Polo e della Lega. Nel quadro più generale delle riforme costituzionali, colleghi, è sicuramente necessario - e si sarebbe dovuto fare già in questa legislatura; sono tuttora formalmente relatore, ma vi è stato un blocco anche a questo riguardo - un rafforzamento della forma di governo che il Polo e la Lega - il sottosegretario Franceschini ha sperimentato più volte questa situazione di impasse - hanno sistematicamente bloccato di fronte alla Commissione affari costituzionali della Camera. Escludo il collega Calderisi da questo blocco, ma è stato l'unico tra tutti. GIUSEPPE CALDERISI. Ma io propongo una cosa del tutto diversa dalla tua! MARCO BOATO. Il rafforzamento del sistema delle autonomie richiede, per non creare gravi squilibri costituzionali e istituzionali, un rafforzamento in generale della forma di governo e dello stesso istituto governo in particolare. Ho sentito riecheggiare anche oggi in quest'aula e, nelle settimane scorse, al di fuori di essa, l'ipotesi di un'assemblea costituente, rectius - dico io - di un'assemblea per la revisione costituzionale della seconda parte della Costituzione; ne hanno parlato più volte anche in passato - e io condivido - il Presidente del Senato, Mancino, e recentemente anche il segretario dei DS, il collega Veltroni. Dopo la proposta di legge 19 giugno 1998, n.5010, che ho citato all'inizio, personalmente il 13 giugno 2000 avevo presentato una proposta di legge costituzionale, la n. 7093, per l'istituzione di un'assemblea che si occupi della parte seconda della Costituzione. Questo tema, quale che ne sarà l'esito, è ovviamente ormai demandato alla prossima legislatura, ma a coloro che lo agiteranno in campagna elettorale - io sono favorevole a parlarne - vorrei dire che, dopo la bicamerale - perché prima erano state fatte proposte -, le uniche due proposte di legge costituzionale in materia sono state presentate da me e non vi è stato alcun gruppo di questo Parlamento che abbia assunto analoga iniziativa. Oggi, qui, subito, ora dobbiamo realizzare le riforme costituzionali possibili, senza demagogia né massimalismi e senza le logiche del "vi blocchiamo ora perché faremo tutto domani". Sappiamo tutti perfettamente che, chiunque sia a governare e ad avere la maggioranza nel prossimo Parlamento, passeranno comunque alcuni anni, minimo due, per approvare le riforme costituzionali - sono questi i tempi di tali riforme - e le regioni a statuto ordinario dovranno ancora attendere. Oggi dobbiamo realizzare, comunque, le riforme costituzionali possibili per rafforzare le regioni a statuto ordinario e l'intero sistema delle autonomie: questo ci è stato ripetutamente richiesto dai rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni. Il presidente della regione Piemonte, Ghigo, del Polo, presidente della Conferenza e il presidente Errani, del centrosinistra, dell'Ulivo, vicepresidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, sono venuti ripetutamente di fronte alla Commissione affari costituzionali e addirittura alle forze politiche (li abbiamo ricevuti sia noi del centrosinistra sia i rappresentanti del centrodestra) e ci hanno chiesto di approvare questa riforma costituzionale, sapendo che è perfettibile, completabile, perfezionabile nel futuro, come tutte le riforme. Essi, però, ci hanno chiesto di approvarla oggi, in questa legislatura, e così ci hanno chiesto tutti i rappresentanti delle autonomie locali. Da qualche parte, signor Presidente, colleghi - penso al presidente (così si chiama costituzionalmente, non governatore) Galan, della regione veneto -, si è addirittura cercato, con una logica che definisco (l'ho scritto personalmente anche a lui) costituzionalmente "eversiva" - la parola "eversiva" prego di scriverla tra virgolette -, si è cercato di proporre le modifiche costituzionali in materia di riparto di competenze fra Stato e regioni all'interno della proposta di riforma del proprio statuto regionale, in tal modo ridicolmente tentando di espropriare il Parlamento di una sua competenza esclusiva e addirittura, in materia di riforma dello statuto della regione, cercando di espropriare il consiglio regionale, l'assemblea legislativa alla quale tale competenza viene demandata dalla Costituzione. Ho qui la proposta di statuto della regione Veneto, in attuazione (è scritto paradossalmente) della legge costituzionale 22 novembre 1999; formalmente è così, ma nel contenuto tale proposta è in palese violazione della legge costituzionale citata. Il presidente Galan ce l'ha mandata (a me l'ha mandata), ci ha chiesto un parere e che se ne parlasse soltanto dopo averla letta. L'ho letta attentamente e gli ho scritto personalmente una lunga, pacata, rispettosa lettera con i miei consensi su alcuni punti e le mie obiezioni sui punti che ho già citato e su altri. Non ho ricevuto neanche un burocratico cenno di risposta, dopo che ci si è lamentati che non si leggono i testi e che si parla senza conoscere; lo ripeto, ho qui il testo della proposta, che è a disposizione di qualunque collega. Tutto ciò fa emergere, sia pure provocatoriamente e paradossalmente, l'impasse, signor Presidente, in cui si trovano le attuali regioni a statuto ordinario, che abbiamo rafforzato sul terreno istituzionale con l'elezione diretta (le regioni possono modificare, con la piena autonomia statutaria di cui dispongono al riguardo, la forma di governo regionale) ma che adesso dobbiamo rafforzare in materia di competenze; infatti, non si capisce quali nuovi statuti verranno scritti se non si può contare su nuove competenze regionali. Per tali ragioni, concludo, è necessario approvare, alla fine di questa legislatura, tale fondamentale riforma costituzionale senza ulteriori rinvii che, a mio parere, sarebbero davvero irresponsabili, prima di tutto rispetto ai cittadini, alle assemblee legislative regionali, agli stessi governi e giunte regionali delle regioni a statuto autonomo, nonché rispetto al sistema delle autonomie. Se si vuole un giudizio dei cittadini, si può promuovere - se lo si ritiene opportuno - anche un referendum oppositivo, ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione. In tal caso saranno davvero i cittadini a giudicare sulla base di un aperto e pubblico confronto; non temiamo l'eventuale referendum, non temiamo un pubblico confronto, non temiamo il giudizio dei cittadini, ma per arrivarci, eventualmente, bisogna approvare questa proposta di revisione costituzionale a favore della quale i Verdi, l'Ulivo, il centrosinistra, ma mi auguro anche altri colleghi, voteranno (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dell'UDEUR). ( ... ) INTERVENTO PER DICHIARAZIONE DI VOTO MARCO BOATO. Presidente, colleghi, se si prescinde da stanche e stantie polemiche preelettorali di cui poco fa abbiamo sentito l'eco, appare evidente a tutti l'importanza fondamentale di questa riforma costituzionale nella direzione del federalismo, di una profonda trasformazione della forma di Stato che valorizzi non solo le regioni ma l'intero sistema delle autonomie. Nei giorni scorsi e ancora nelle ultime ore, si sono levate - per chi le ha volute ascoltare - ancora una volta le voci di auspicio e di sollecitazione al voto favorevole da parte della Conferenza dei presidenti delle regioni (presidente Ghigo e vicepresidente Errani), dell'ANCI (i comuni), dell'UPI (le province), dell'UNCEM (le comunità montane) e della lega delle autonomie. Da parte, delle regioni e dell'intero sistema (Commenti)... Evidentemente per te Ghigo è un boy scout! Da parte delle regioni - dicevo - e dell'intero sistema delle autonomie vi è una piena trasversalità politica nel sollecitare il Parlamento ad approvare questa fondamentale riforma costituzionale che si apre con una sorta di rivoluzione copernicana nel nuovo articolo 114 della Costituzione, il cui primo comma recita: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalla Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". Non si tratta ovviamente di un disegno organico e compiuto di riforma della seconda parte della Costituzione. Quel disegno in materia di forma di Stato, forma di Governo, bicameralismo differenziato e sistema delle garanzie, era contenuto nel progetto della Commissione bicamerale, bloccato in quest'aula dal Polo e dalla Lega il 2 giugno 1998. È dunque paradossale che proprio da parte del Polo e della Lega si levi oggi l'accusa di incompletezza del disegno riformatore. Una inevitabile incompletezza che deriva proprio dalle scelte che il centro-destra ha fatto a metà di questa legislatura. Ciò nonostante e nonostante il blocco del progetto organico della Commissione bicamerale, questo Parlamento ha saputo riprendere il processo riformatore con le procedure ordinarie dell'articolo 138. Ad indicare le tappe di questo processo riformatore è sufficiente questo semplice elenco: modifica dell'articolo 111 in materia di giusto processo, con legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2; modifica dell'articolo 48 in materia di diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, con legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1 e conseguente modifica degli articoli 56 e 57 con legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1; modifica degli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione, con legge costituzionale 22 novembre 1999 n. 1, in materia di elezione diretta dei presidenti delle regioni, di disposizioni costituzionali antiribaltone e soprattutto di piena autonomia statutaria, ovviamente in armonia con la Costituzione - questo bisogna ricordarlo a Galan - secondo una proposta di legge costituzionale che io stesso ho presentato e che fu allora accolta. La riforma costituzionale che tra poco voteremo, costituisce, quindi, un essenziale completamento del disegno riformatore in materia di forma di Stato e in direzione del federalismo, che andrà poi completato nella prossima legislatura sotto il profilo della forma di Governo, del bicameralismo differenziato e del rafforzamento delle garanzie costituzionali. Le principali innovazioni di questa riforma riguardano: il rovesciamento del criterio di riparto delle competenze nell'articolo 117. All'articolo 118, la piena costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà, di cui qualcuno evidentemente poco fa non si è accorto, sia "istituzionale" sia "orizzontale" e sociale con l'accoglimento di un emendamento da me presentato, sollecitato da tutto l'associazionismo del terzo settore e del cosiddetto "privato-sociale" e votato da quest'aula. All'articolo 116, la conferma delle cinque autonomie speciali, il riconoscimento costituzionale che la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle province autonome di Trento e Bolzano ed inoltre l'introduzione della possibilità di autonomie differenziate per quanto riguarda tutte le altre regioni. All'articolo 119, l'autonomia finanziaria per tutto il sistema delle autonomie e i principi fondamentali del federalismo fiscale. All'articolo 123, l'introduzione del Consiglio delle autonomie locali per superare il rischio di una sorta di neocentralismo regionale, e all'articolo 11 la norma transitoria che prevede la partecipazione di rappresentanti delle regioni e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, fino alla riforma che introduca la Camera delle regioni e delle autonomie. All'articolo 10, un'altra norma transitoria di grande portata che rende immediatamente applicabile anche a tutte le autonomie speciali le disposizioni più favorevoli contenute in questa riforma costituzionale. Queste, in rapidissima sintesi, le principali innovazioni contenute nella riforma costituzionale al nostro esame. Sarebbe semplicemente irresponsabile bloccare questo processo; irresponsabile rispetto ai cittadini, in primo luogo, e irresponsabile rispetto alle regioni e a tutto il sistema delle autonomie. Sarebbe irresponsabile per mere ragioni di scontro elettorale bloccare ancora una volta il processo riformatore. Noi Verdi, noi Girasole, noi Ulivo, noi centrosinistra, noi minoranze linguistiche di lingua tedesca e di lingua ladina - ma mi auguro anche altri colleghi - non saremo irresponsabili: ci assumiamo con il voto favorevole le nostre responsabilità e affrontiamo con convinzione e serenità il giudizio dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi misto-Verdi-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari, democratici-l'Ulivo e del misto-Socialisti democratici italiani).
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MARCO BOATO |
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