Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, Camera dei Deputati, lunedì 19 settembre 2005 Discussione del disegno di legge costituzionale S. 2544-B - Modifiche alla parte II della Costituzione MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentati del Governo, onorevoli colleghi, riteniamo che, in queste settimane, in questi giorni ed in queste ore, ci troviamo di fronte ad un perverso intreccio tra l'imposizione di questa riforma - o, meglio, controriforma - costituzionale ed il tentativo disperato di imporre un totale stravolgimento della legge elettorale. È una fase politica-istituzionale che consideriamo di estrema gravità, rispetto a cui va lanciato letteralmente l'allarme a tutta l'opinione pubblica democratica. E quando parlo di opinione pubblica democratica non mi riferisco soltanto al centrosinistra: credo che vi siano anche settori dell'opinione pubblica che fanno riferimento al centrodestra che, quando si renderanno conto di ciò che sta avvenendo in questi giorni, probabilmente non lo condivideranno. Del resto, nei giorni scorsi, ho visto che, di fronte ad un ministro che appartiene alla Lega nord, anche all'interno del suo partito sono emerse molto preoccupazioni riguardo alla legge elettorale. Da parte di alcuni colleghi - mi riferisco, se non ricordo male, al collega Cristaldi di Alleanza nazionale - si sono richiamate più volte le vicende della scorsa legislatura. Ma, a mio parere, lo si è fatto in modo radicalmente non corrispondente alla verità (per non dire radicalmente scorretto). Nella scorsa legislatura il centrosinistra - la maggioranza di allora - ha sempre cercato l'incontro e la collaborazione - come si dice, bipartisan o trasversale - tra maggioranza ed opposizione in materia istituzionale. Ciò è avvenuto per la riforma costituzionale relativa all'elezione diretta dei presidenti delle regioni e per l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario dell'autonomia statutaria, che, su iniziativa del centrosinistra, questa Assemblea ha approvato a larghissima maggioranza o, comunque, con una forte convergenza tra maggioranza e opposizione. Ciò è avvenuto, inoltre, per la riforma costituzionale dell'articolo 111 in materia di giusto processo, approvata nella scorsa legislatura nei due rami del Parlamento in entrambe le letture a larghissima maggioranza, quasi all'unanimità. Ciò è avvenuto, infine, nella fase iniziale dell'attuale legislatura per la riforma stralcio del solo Titolo V della Costituzione, che, del resto, veniva insistentemente richiesta da tutti i presidenti delle regioni e, in primo luogo, dal presidente Ghigo, di Forza Italia, allora presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni. Nella sostanza e nei suoi elementi essenziali, essa aveva già visto un voto quasi unanime di quest'Assemblea nella primavera del 1998. Fu il Polo, nella passata legislatura, a sottrarsi al processo di collaborazione nelle riforme istituzionali ed a cercare di impedire il parziale completamento del processo riformatore almeno in materia di competenze delle regioni e degli enti locali. D'altra parte, a dimostrazione di questo atteggiamento, più volte è stato ricordato in questi giorni che, quando verso la fine della scorsa legislatura, il centrosinistra aveva proposto, partendo dal Senato, un'ipotesi di riforma elettorale e il centrodestra si era dichiarato totalmente indisponibile al riguardo, il centrosinistra bloccò e ritirò quella proposta. Ricordiamo tutti in questi giorni le parole di allora del capogruppo di Forza Italia, onorevole Pisanu, oggi ministro dell'interno, che aveva minacciato le barricate se il centrosinistra avesse avuto intenzione di proseguire nell'ipotesi unilaterale di una riforma elettorale. Tuttavia, questo il centrosinistra non fece. Completamente diversa è stata la situazione di questa legislatura, con una maggioranza di centrodestra. È stata imposta in modo totalmente unilaterale, elaborata, come tutti noi ci ricordiamo, in sedi extraistituzionali, una vastissima riforma costituzionale che, alla fine, è risultata contenere la modifica e, qualche volta, l'integrale sostituzione di 50 articoli della Costituzione, l'introduzione di tre articoli nuovi e la modifica di quattro leggi costituzionali. In questi giorni siamo di fronte al tentativo di imporre unilateralmente una controriforma elettorale, una vera e propria legge truffa, che cancellerebbe con un tratto di penna il referendum popolare del 1993, che aveva visto il voto favorevole della stragrande maggioranza dei cittadini italiani appartenenti a tutte le forze politiche. Il problema, quindi, non è quello della riforma o della controriforma elettorale introdotta a fine legislatura, ma quello della imposizione unilaterale e truffaldina di una riforma elettorale costruita ad uso e consumo della maggioranza o, forse, di una sola parte della maggioranza, per manipolare i risultati elettorali. Per di più, questo colpo di mano in materia elettorale, qualora andasse a compimento - ma noi faremo di tutto affinché ciò non avvenga -, introdurrebbe un sistema elettorale non solo truffaldino, ma anche in totale contraddizione con la stessa riforma costituzionale di cui stiamo discutendo in questo momento. Non ho il tempo di farlo, ma vi invito a leggere l'articolo 30 del disegno di legge, che sostituisce l'articolo 92, secondo comma, della Costituzione per vedere quale modello elettorale ed istituzionale è disegnato, in totale contraddizione con il colpo di mano elettorale che si vorrebbe imporre in questi giorni al Parlamento. Del resto, le elezioni tedesche di ieri, domenica 18 settembre, si sono incaricate di dimostrare il vaniloquio italiano di questi giorni sulle magnifiche sorti e progressive del modello tedesco, per il quale, del resto, io ho il massimo rispetto. La Germania si trova oggi, dopo le sue elezioni politiche, in una totale impasse politica e istituzionale, dalla quale, forse, uscirà soltanto smentendo il loro bipolarismo e la loro democrazia dell'alternanza, attraverso una ipotizzata grosse coalizione tra i due partiti principali dei due schieramenti alternativi, che saranno costretti a formare un Governo insieme per non paralizzare totalmente il sistema tedesco. Chi glorificava nei giorni scorsi questo sistema, che - lo ripeto - va rispettato, perché ha funzionato per tanti anni, dovrebbe prendere qualche lezione sui sistemi elettorali. Per quanto riguarda la riforma costituzionale, mi riconosco negli interventi svolti in quest'aula dagli altri deputati dell'Unione - mi riferisco ai colleghi Zaccaria, Amici, Mascia, Mattarella, Marone, Bressa, Maran e Coluccini - e sono certo che potrò pienamente riconoscermi anche nel conclusivo intervento del presidente Maccanico. A tutti questi interventi, per ragioni di sintesi, mi richiamo perché siamo pienamente consenzienti in un lavoro di analisi critica e di contrapposizione politico-istituzionale che abbiamo condotto in piena sintonia in questi mesi ed in questi anni. Signor ministro - lei dovrebbe saperlo anche perché l'anno scorso ha fatto un riferimento positivo, di cui già le ho dato atto, al lavoro svolto dal centrosinistra nella scorsa legislatura - noi non siamo mai stati contrari ad un'equilibrata riforma costituzionale in materia di forma di Stato, di forma di Governo, di superamento del bicameralismo perfetto e di modifica del sistema delle garanzie. Peraltro, riteniamo sarebbe giusto completare il processo riformatore iniziato e solo parzialmente realizzato nella scorsa legislatura, quando fu bloccato dalla Casa delle libertà. Tuttavia, oggi siamo di fronte ad un progetto che definire disorganico è poco. È il frutto - come altri colleghi, in particolare il collega Bressa, hanno più volte evidenziato - di un assemblaggio squilibrato e non sistematico tra le diverse, unilaterali richieste delle varie componenti politiche della Casa delle libertà, quasi come una spartizione del testo costituzionale all'interno delle varie forze politiche. La Lega chiede a gran voce la cosiddetta devolution, con i ricordati problemi di sovrapposizione tra competenze statali e regionali in materia di scuola, sanità e sicurezza. Forse la Lega, signor ministro, dimentica di raccontare ai suoi elettori - ma prima o poi dovrà farlo - quanti elementi di ristatalizzazione delle competenze sono contenuti in questa controriforma costituzionale. Forza Italia ed Alleanza nazionale hanno imposto il cosiddetto premierato assoluto. Alleanza nazionale ha voluto la reintroduzione dell'interesse nazionale ma in una forma così paradossale da arrivare a condizionare, con il Parlamento a Camere riunite, le autonomie regionali, anziché individuare, come avevamo proposto, un'elementare e sistematica clausola di salvaguardia generale del sistema. L'UDC, probabilmente, non ha ottenuto nulla, forse soltanto la promessa, venuta ora all'incasso malamente, di un sistema elettorale proporzionale che, come ho già detto, è in totale ed esplicita contraddizione con la forma di Governo e con l'ipotesi elettorale indicata nel nuovo secondo comma dell'articolo 92, contenuto nell'articolo 30 di questa riforma costituzionale. Poiché tutti noi abbiamo sempre cercato di non essere settari riconosciamo che alcune parziali e limitatissime modifiche sono state introdotte in quest'aula, soprattutto in materia di autonomie speciali. Il collega Taormina se ne è andato, ma ricorda molto male; probabilmente non era presente. Il collega Taormina ha ricordato quante modifiche dell'opposizione sono state accettate dalla maggioranza e dal Governo in sede di Commissione affari costituzionali. Per fortuna, sono presenti in questa sede il presidente della Commissione, nonché relatore del provvedimento, ed il ministro Calderoli, all'epoca nominato da poche settimane. Neanche una virgola, neanche un emendamento, neanche una parola fu approvata in quella Commissione delle poche decine di emendamenti presentati all'epoca da tutti i gruppi dell'opposizione. Dei pochissimi emendamenti non fu accettata neanche una virgola: non so dove fossero il collega Taormina ed altri colleghi che hanno parlato di massima apertura. Poi vi è stata la rivolta di tutti i presidenti delle autonomie speciali, Dellai di Trento in testa e tutti gli altri, compresa la Sicilia governata dal centrodestra, contro il totale svuotamento delle autonomie speciali rinvenibile nel testo varato dalla Commissione: a quel punto - e do atto al ministro di aver dimostrato attenzione e sensibilità, almeno in seconda battuta - vi fu la correzione di tale inaccettabile stortura. Il risultato complessivo è stato, a mio parere, una devolution pasticciata e contraddittoria: pasticciata per gli aspetti specifici che riguardano la sanità, l'istruzione e la sicurezza; contraddittoria perché, contestualmente, sono state nuovamente statalizzate varie materie, prima attribuite alla competenza concorrente. In uno o due casi, forse, era anche giusto farlo, ma questo processo di riattribuzione allo Stato di competenze esclusive è stato così vasto che, quando i suoi elettori, ministro Calderoli, se ne accorgeranno, forse si renderanno conto dei pro e dei contro di questa riforma. In secondo luogo, se si trattasse di un Senato federale, come denominato, saremmo pienamente d'accordo, perché è quanto abbiamo chiesto sistematicamente. Tuttavia, quello che è prefigurato in questo testo è un Senato federale soltanto di nome: di federale non ha assolutamente nulla ed i colleghi lo hanno già spiegato puntualmente. In terzo luogo, siamo di fronte ad un bicameralismo totalmente ingestibile ed impraticabile ed invito a leggere (non lo posso fare, perché non ho il tempo) il nuovo articolo 70 della Costituzione: immaginate cosa diventerebbe il Parlamento laddove l'articolo entrasse in vigore così come è! Siamo contestualmente di fronte ad uno svuotamento dei poteri del Parlamento rispetto a quelli del Governo e del primo ministro. Al riguardo, mi vorrei riferire alla quarta questione che mi preme sottolineare, quella del cosiddetto premierato assoluto, come noi la definiamo; si tratta di un'ipotesi di rafforzamento del ruolo del Primo ministro che ci ha sempre trovato consenzienti, ma il modo in cui si sono attribuiti poteri pressoché assoluti al primo ministro è totalmente squilibrato rispetto ad un corretto sistema di check and balance, di bilanciamento di poteri in uno Stato costituzionale di diritto che rende totalmente inaccettabile anche questo punto della riforma. Il Primo ministro è paradossalmente troppo forte ed incondizionato (con tutti i meccanismi più volte ricordati), ma anche, al tempo stesso, in balia del potere ricattatorio di una piccola minoranza all'interno della sua stessa maggioranza, quale che sia il Primo ministro e la maggioranza pro tempore che governa. Inoltre, ci troviamo di fonte ad un pesante ridimensionamento del sistema delle garanzie per quanto riguarda la Corte costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura ed il Presidente della Repubblica e altri aspetti che non ho il tempo di citare. Signor Presidente, avviandomi alla conclusione, credo che bisognerebbe attirare l'attenzione di tutti i cittadini anche sulle norme transitorie: non ho il tempo di ricordarle (sono sei pagine complicatissime che conosco molto bene, direi a memoria), ma sono un capolavoro di ipocrisia politica ed istituzionale. Si sbandierano le riforme, ma, in realtà, c'è un rinvio di cinque o dieci anni e, forse, ancor di più (dipenderà dalle scadenze successive all'entrata in vigore delle norme)! Signor ministro, non so se toccherà a lei o ai suoi successori (oltre che agli uffici della Camera) farlo, ma avremo una Costituzione a dispense o a colori: la Costituzione in vigore di un colore, la Costituzione che entrerà in vigore dopo cinque anni di un altro colore e la Costituzione che entrerà in vigore fra dieci anni di un altro colore ancora, ma non è il tricolore italiano. Se entrerà in vigore tra dieci anni, restano in vigore nel frattempo le norme che sono state modificate: un pasticcio, anche dal punto di vista della lettura della Carta fondamentale dello Stato, assolutamente inimmaginabile. Si è arrivati a settembre-ottobre 2005 alla seconda lettura di questo provvedimento per un motivo evidente; si poteva farlo tre mesi dopo il 15 ottobre, ma lo si fa adesso per scongiurare il referendum oppositivo che promuoveremo prima delle elezioni politiche. Si ha paura di quel referendum prima delle elezioni politiche e lo si intende prevedere successivamente, ma, alla fine, il referendum ci sarà. In questi giorni c'è uno scambio di intimazioni e di ricatti, tutto interno alla Casa delle libertà, in relazione alla riforma costituzionale ed all'imposizione di una nuova legge elettorale. Basterebbe questo per capire il clima da bunker in cui è precipitata la Casa delle libertà, con accuse e minacce reciproche, ma non vi sarà un'arma segreta per stravolgere la volontà popolare. In primo luogo, sarà il referendum popolare a decidere su questo testo costituzionale; in secondo luogo, sarà il Parlamento a bloccare il colpo di mano istituzionale riguardante la legge truffa in materia elettorali ed, in terzo luogo, sarà la sovranità popolare a chiudere questa fase ormai sempre più avventurosa e avventurista del Governo e della maggioranza della Casa delle libertà che a me pare ormai sempre più minoranza nel paese ed in tutte le tornate elettorali. Per tale motivo, è giunta l'ora che la parola definitiva ritorni al popolo sovrano. (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Congratulazioni)!
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MARCO BOATO |
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